“La politica non è una
cosa che si fa quando si va a votare, ma che la politica si fa tutti i giorni,
e che è politica il modo in cui si parla, il modo in cui ci si muove, che è
politica il grado di gentilezza con cui si parla coi propri figli, e coi propri
genitori”. A chi appartiene quest'asserzione definitiva, assoluta? Verrebbe di
rispondere: o a una persona perbene, come piace dire in genere, oppure a
un intellettuale serio e puntuale.
Invece è di Paolo Nori. E non che Nori
non sia un intellettuale: fa lo scrittore, il traduttore e il “maestro” dei
grandi. E, chiaramente, non che non sia una persona per bene. E fa grandemente
piacere scoprirlo, che sia di Paolo Nori. Dove un altro scrittore in sostanza
ci toglie dallo pseudo-qualunquismo dell'ultimo piccolissimo Piccolo, che
riesce invece a esser peggio d'altri e non “come tutti”. (Non come tutti,
certo). Fortunatamente. Nori col suo 'libretto', infatti, con la scusa di
raccontare “Parma ai tempi del Movimento 5 stelle”, espone la sua visione del
mondo, più che solamente la sua idea di 'politica' / idea-politica. Però com'è
giusto che sia è costretto a ragionare,
visti i tempi correnti, durante lo svolgimento d'un tema in apparenza nuovo:
l'ascesa sulla scena della gestione della cosa pubblica, per quel che almeno
riguarda Parma, d'una nuova forza politica – con il primo sindaco ai cinque
stelle; mentre insomma una nuova generazione, in genere, avanza nella calca che
il nulla d'oggi è. Non si capisce più un cazzo. Se, tanto per cominciare,
adesso che scriviamo dell'ultimo libro di Nori, narratore di grande bravura e
oramai di riconosciuta levatura, troviamo sulle strade, e non per sentito dire
o per modo di dire, una specie d'accenno di sommossa dentro la quale i fascisti
del terzo millennio degli ultimi resti di partiti xenofobi e nazifascisti
tentano d'esser germi, anzi batteri da lievito cattivo. Ma torniamo a Parma.
Anzi a Pizzarotti. Dove Federico Pizzarotti è l'esempio d'una lingua da
rigettare e dell'assenza di qualità nonché del mancato raggiungimento di buoni
propositi. “Mo mama”, in effetti, è prima di tutto un'espressione linguistica
parmiggiana della quotidianità. Sarebbe a dire “mamma mia” - epperò è usata
esclusivamente in senso negativo. Ma meglio allora parlare una lingua di tutti
i giorni, che quella dei Pizzarotti. E Nori, da anarchico, pur stupendosi con
poco aspira al massimo. Altrimenti meglio tenersi fuori. Tanto che non vota da
una ventina d'anni. Grazie al fatto che siamo incalliti sostenitori – lo
seguiamo tutti i giorni (andando sul sito con puntualità maniacale) – molte
pagine del Mo mama avevamo avuto il piacere di leggerle in anteprima. Però
tutte insieme sono una vera e propria riflessione, una discussione
sull'attualità. Praticamente un'opera di saggistica che chiede di spaccare in
mille pezzetti concetti obsoleti, falsi e, per di più, banali, che i gesuiti di
pd pdl sel e m5s vogliono farci passare per valori. Tra il nuovo, fino a un
certo punto, mito Renzi e il sempre fresco grillismo.
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