«Florence Gordon stava
cercando di scrivere un memoir ma due fattori giocavano contro di lei: era
vecchia ed era un'intellettuale. E chi mai al mondo, si domandava a volte,
avrebbe voluto leggere un libro che parlava di una vecchia intellettuale?»
Florence Gordon ha
settantacinque anni e vive a Manhattan. Femminista ebrea divorziata, scrittrice
scorbutica, attivista testarda e orgogliosa, detesta la maggior parte delle
cose che la gente trova piacevoli e ama mettere gli altri in difficoltà. Mentre
è alle prese con la sua settima fatica, un libro di memorie, un articolo del
"New York Times" la definisce "patrimonio nazionale",
catapultandola sotto le luci della ribalta e obbligandola a superare quel filo
spinato che aveva eretto intorno a sé. La situazione precipita quando i suoi
"cari" si trasferiscono da Seattle a New York: il figlio Daniel (che
ha snobbato le orme letterarie dei genitori per diventare poliziotto), la nuora
Janine (psicologa, pronta ad avere una relazione con il suo capo) e la nipote
Emily (che sta cercando di capire cosa fare di una problematica storia
d'amore). Tra i quattro, giorno dopo giorno, si intreccia una commedia
irresistibile, all'insegna di una crudele sincerità ma anche di una
sorprendente complicità emotiva. L'anziana signora, i cui corrosivi commenti
sono una sorta di "versione di Barney" al femminile, non risparmia
niente e nessuno. E forse proprio per questo i personaggi che la circondano (e
i lettori di questo libro) finiranno per affezionarsi a lei e non poter più
fare a meno della sua voce.
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