Gli archetipi femminili
come la Sibilla e il culto della Madre non possono essere spiegati solo con un
linguaggio razionale poiché provengono da un mondo preesistente alla scienza.
La tradizione non è oggetto di libera divulgazione, ma richiede un altro
linguaggio al quale l’autrice si è attenuta trattando la dea Madre, la Regina
dei Monti Sibillini, e le sue sacerdotesse che nacquero il giorno
dell’equinozio di primavera, in prossimità del pozzo sacro. Queste donne
morirono in un luogo poi divenuto “supplizio” per animali. Le colsero nella
casa che si ergeva sopra il loro antro, furono trafitte a morte insieme a
cavalieri venuti da ogni dove per apprendere i segreti alchemici. La Madre fu
separata dalle figlie, fatta a pezzi e sepolta nella parte alta della montagna,
per dividere e scomporre per sempre gli elementi dell’universo. La montagna
cosmica chiamata Venusberg è il tempio di tutte le Regine del Sole e di luoghi
legati al culto della Grande Madre, scuole iniziatiche femminili dove poeti, re
e maghi andavano ad apprendere la Sapienza.
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