Non esiste, nella
lingua italiana, un termine che possa rendere la parola ouatann, restituircene
il carico di significato. Perché ouatann, per le popolazioni che abitano la
terra tra il Mediterraneo e il Sahara, non è solo la patria, ma è un'intera
tradizione condivisa, è una lingua, un sistema di valori, di abitudini e di
gesti, un certo modo di intendere la vita. Tunisia, 2008. Malavita e politica
hanno suggellato il loro patto, il malaffare regna incontrastato. Un villaggio
vicino a Biserta si spegne lentamente, in silenzio, mentre i giovani si
imbarcano per l'Italia. La felicità danza, inafferrabile, al confine tra cielo
e mare. In una villa isolata sulla spiaggia si incrociano i percorsi di cinque
sconosciuti: Rached, giocatore incallito e funzionario frustrato; Naceur,
ingegnere ex galeotto che da un giorno all'altro ha visto la propria vita
crollare; Michkat, inquieta avvocatessa affezionata al passato; Faiza, giovane
sfuggente e focosa; Mansour, uomo violento dedito a una serie di traffici
illeciti. Tutti uniti dallo stesso desiderio: quello di un futuro che si fa
attendere, in un paese in cui la miseria di alcuni, il lusso sfrontato di altri
e la paralisi dei valori comunitari hanno privato le persone di una dimensione
essenziale: il senso di appartenenza alla propria patria. Ma per chi ci vive,
in questa patria, anzi in questa ouatann, l'unico destino possibile è partire?
Che ne sarà allora della memoria collettiva di un popolo?
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