L’autore del libro
Mauro Germani si rivela come colui che è consapevole che qualcosa di importante
e di prezioso può andare disperso e che deve essere necessariamente affrontato
con dovizia di particolari, con attenzione minuziosa in tutte le sue fasi.Egli
si trasforma in testimone attendibile di un trentennio di opere esemplari che
avrebbe stregato due generazioni. Il libro non poteva iniziare in un modo
migliore per farci sentire realmente la presenza di Giorgio Gaber: “ In sala si
spengono le luci e lentamente si apre il sipario,mentre si odono i primi
accordi di chitarra”. Chi legge, soprattutto se non è più giovanissimo, si
sente realmente trasportato in teatro mentre sul palcoscenico entra un uomo
dalla figura esile ed un po’ curvo : è Giorgio Gaber.Per chi ha seguito la sua
carriera e chi leggerà questo libro avrà un’ulteriore conferma della forza
interiore che veniva fuori da questo artista. Una forza espressiva che se pur
con contraddizioni ,dubbi e ricerche introspettive rivelava un grande coraggio
nella comunicazione che spesso andava al di là degli schemi e delle logiche
commerciali. Insieme al pittore Sandro Luporini che collaborerà sempre con
Gaber nei testi teatrali si avvieranno verso una forma espressiva denominata
Teatro Canzone che darà vigore alle pause, alla gestualità ,al corpo e alle
associazioni musicali.Ed è proprio il Signor G a dare inizio a questa forma di
canzone- prosa.Anche il Teatro di Evocazione sarà una forma di teatro scarno ma
intenso dove l’alternarsi del passato e del presente messo in scena dal
protagonista rivelerà una sorta di autoanalisi e di confessione pubblica tra
l’artista ed il pubblico.A volte i testi erano tanto intensi da distrarre dalla
musica ma per Gaber “ la musica non è mai un ornamento, un abbellimento,una
scenografia alla parola, e la parola va letta nella musica, come l’ha cantata:
con il significato ambiguo, ambivalente, o perentorio che la musica le
conferiva”così ha sottolineato il musicologo Lorenzo Arruga. Tutta l’opera di
Gaber è stata improntata sulla ricerca continua intorno all’uomo, nel non
arrendersi dinanzi a” verità confezionate” . L’uomo con le sue contraddizioni,
con le varie tappe della vita a non lasciarsi trascinare, specie per un
artista, dalle imposisizioni delle mode . Certo una scelta coraggiosa che
implica da parte dell’uomo un impegno costante nel mettersi in discussione
anche nei momenti drammatici da cui ci si vorrebbe sottrarre.
Altro tema presente
nell’opera di Gaber è l’attenzione al corpo ma non come si concepisce di solito
cioè nell’apparire ma un insieme di gesti, di parole, di comportamenti suoi e
degli altri .In teatro il suo corpo curvo la sua gestualità coinvolgevano in
modo profondo tutti i presenti che percepivano la quasi ossessione nel mettersi
in gioco, nell’autoanalizzarsi ,un misto di forza e paura di possesso e di
impossibilità di possesso. L’Amore , il rapporto tra uomo e donna non è mai
fine a se stesso ma rivela le nostre fragilità le nostre paure le nostre
miserie sempre e comunque nella più grande autenticità. A partire dal Signor G
(1970-71) Gaber affronterà spesso il tema del rapporto uomo-donna facendo a
volte riferimento alle ipocrisie delle famiglie medio-borghesi intrappolate in
una sorte di rete morale ,di facciata e di abitudini. Certo l’opera di Gaber ha risentito e di conseguenza.comunicato ciò che era stato
il sessantotto. Affronta temi come il potere, la democrazia, la guerra e lo fa
attraverso i personaggi delle sue opere che avvertono solitudine e incapacità di sentirsi inseriti in un mondo
in cui non si riconoscono(Anni affollati 1981-82). Anche Dio per Gaber è un
Dio” inconsueto” che trova la sua forza in quella dell’esistenza dell’individuo
che dovrà cercare nel tempo le giuste risposte.Tutta l’opera di Gaber sembra
voler scuotere le coscienze in modo violento per evitare il torpore di quel
sonno continuo che impedisce ogni sfogo di rabbia, di ricerca della verità.Gli
autori che Gaber predilige (Cèline,Sartre, Pasolini,Borges, Beckett,Adorno e
Horkheimer) saranno per lui fonte di rielaborazione creativa e di espressione
autonoma. Mauro Germani fa quindi un ritratto dalle tinte forti, con passione e
trasposizione. Emerge dalle sue descrizioni un grande lavoro di ricerca che
pian piano l’ha portato ad ammirare l’uomo Gaber donando a noi lettori un’immagine
poco conosciuta di Gaber e forse troppo poco ricordata.
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