Dopo aver trascorso
l’infanzia e gli anni della scuola in Albania, immaginando che le minigonne e i
quiz della tv di Stato italiana fossero la realtà di ogni giorno della vita in
Occidente – e fantasticando di conseguenza di poter vivere
al di là del confine –
la morte del dittatore Enver Hoxha finalmente consente a Gazmend Kapllani di
mettere in pratica il proprio piano di fuga. Tuttavia, al suo arrivo nella
Terra Promessa, non trova né procaci e disponibili fanciulle, né il caloroso
benvenuto che aveva immaginato di ricevere dai suoi cugini greci. Viene,
invece, sbattuto in un centro di detenzione temporaneo, situato in una piccola
città di confine. Gazi e i suoi compagni immigrati cercheranno così di trovare
un lavoro, cominciando a pianificare le loro vite future in Grecia e
immaginando ricchezze e successi che rimangono sempre appena oltre la loro
portata.
Kapllani racconta con irriverenza e ironia di un’infanzia popolata di
onnipresenti e paranoici delatori e di cartoni di sapone in polvere sbiancati dalla
salsedine del Mare Adriatico utilizzati come feticci dell’Occidente per
decorare il salotto di casa, e, intrecciando questi ricordi con il presente di
migranti afflitti dalla “sindrome del confine” (uno stato mentale al pari di
un’esperienza geografica), confeziona un brillante e divertente romanzo
d’esordio.
L’autore è nato nel 1967
a Lushnjë, in Albania. Nel gennaio del 1991 ha attraversato il confine con la
Grecia
a
piedi per sfuggire alla persecuzione da parte dei servizi segreti comunisti. In
Grecia ha lavorato come muratore, cuoco, venditore ambulante, laureandosi
successivamente presso l’università di Atene e completando un dottorato
sull’immagine degli albanesi sulla stampa greca e dei greci sulla stampa
albanese. Ora è uno scrittore di successo e tiene una rubrica bisettimanale su
Ta Nea, il più grande quotidiano greco.
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