Marie è una ragazza poco più che ventenne che
lavora come cameriera; ha cominciato in bistrot e catene per famiglie per
approdare a uno dei più lussuosi locali di Dallas. Si è fatta strada per la sua
scrupolosità ed efficienza in un mestiere logorante, ma nella vita privata è
disordinata fino all'autolesionismo: fa sesso casuale, si droga, sa di non
essere all'altezza del suo ruolo di madre (ha una bambina che vive con il
padre, un bravo ragazzo che ha lasciato Marie dopo l'ennesimo tradimento). Ma
nelle pagine del romanzo racconta tutto ciò con implacabile lucidità e senza un
briciolo di vittimismo, rivendicando anche le esperienze più dolorose come
conseguenza delle sue scelte, e affrontando il mondo a viso aperto. Ne esce un
ritratto di donna indimenticabile - brutalmente realistico, potente e sensuale
- con intorno una galleria di aneddoti e personaggi che restituiscono con
inedita vivacità il "dietro le quinte" del mondo della ristorazione,
dai lavapiatti ispanici al solitario pianista di sala, dal gestore cocainomane
al maître elegantissimo che prenota i prive negli strip club ai clienti più
facoltosi.
martedì 6 ottobre 2015
Arriva in edicola dal 20 ottobre per Sergio Bonelli Editore la nuova serie firmata da Claudio Chiaverotti con un nuovo eroe dal sapore assolutamente… cinematografico!
“Sedetevi: il 20
ottobre si spegneranno le luci e sullo schermo si accenderà la sua vita. Vi
prometto emozioni forti. Un consiglio: tenete d'occhio la persona seduta vicino
a voi, potrebbe non essere chi sembra. “Claudio Chiaverotti
Di Morgan Lost sappiamo
pochissimo. Sappiamo che è l’ex proprietario di un cinema d’essai, che soffre
d’insonnia e di daltonismo e che è un personaggio tormentato e fragile. Nulla
di più. E del resto, come spiega il papà di questo nuovo eroe, Claudio
Chiaverotti (che, oltre a Brendon, ha firmato oltre 50 albi storici di Dylan
Dog), è naturale che sia così perché la nuova serie Sergio Bonelli Editore è un
action-thriller visionario e il mistero è un ingrediente fondamentale per una
storia di questo tipo. Ma c’è anche tantissimo cinema in Morgan Lost, perché le
fonti d’ispirazione di Chiaverotti vanno dai film di John Carpenter e Quentin
Tarantino a pellicole come Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme, da
Suspiria di Dario Argento a serie tv seguitissime come 24 e Breaking Bad. Così
Morgan Lost, la nuova scommessa editoriale di Sergio Bonelli Editore, farà il
suo debutto ufficiale in edicola martedì 20 ottobre con il primo episodio della
serie intitolato L’uomo dell’ultima notte, la cui copertina è firmata da
Fabrizio De Tommaso. I disegni di questo primo albo saranno invece affidati a
Michele Rubini. A proposito del ruolo del cinema in Morgan Lost, Claudio
Chiaverotti ha spiegato: “Morgan condivide la mia passione per il cinema, al
punto che uno dei comprimari della storia ha una sala cinematografica e
proietta per lui film introvabili (quelli che a volte cerco io: bulgari o
slovacchi, film di fantascienza muti e con sottotitoli in lingue sconosciute).
È una tale soddisfazione vedere qualcosa per pochi! La prima storia di Morgan
Lost sarà in due albi. Per me Morgan Lost è un film, tanto che alla fine del
primo albo invece del consueto "continua e finisce nel prossimo
numero" ho chiesto di scrivere "fine primo tempo", come
succedeva nei cinema di seconda visione fino a pochi anni fa”. In
controtendenza con le ultime scelte editoriali Bonelli, infatti, Morgan Lost
non è stato pensato a stagioni, ma come serie mensile sulla lunga distanza. I
disegni mostrano inoltre uno stile del tutto nuovo grazie alla presenza della
tricromia nero/bianco/rosso e all’utilizzo di scale di grigio. Sì, perché
Morgan è daltonico e vede la realtà in nuances grigie con sprazzi di rosso,
come in un fumetto pulp. Racconta Chiaverotti “mi piaceva creare questa
tridimensionalità delle storie: noi vedremo le storie di Morgan Lost attraverso
i suoi occhi. Non vedremo il verde o il blu, ma solo il rosso: gli altri colori
saranno suggeriti dai tratti grigi in quella metropoli con i Gargoyle in stile
antico Egitto, dov'è quasi sempre notte e neve, come in un film noir (o forse
rouge?) proiettato in loop”. Così in Morgan Lost l’indagine viene vista da un
punto di vista insolito e spesso soprannaturale. Ed è ricca di emozioni, colpi
di scena ed azioni dure e realistiche. Tanto che se due personaggi arrivano allo
scontro questo sarà davvero violento, come nel James Bond interpretato da
Daniel Craig (e anche qui il rimando cinematografico non è casuale!). Del resto i nemici di Morgan Lost, esseri
folli e perversi, la metà oscura del cuore umano, sono parte integrante della
serie e non a caso alcuni di loro compaiono già sulla copertina del primo numero.
Tra i disegnatori che si alterneranno per i diversi albi di Morgan Lost ci
saranno Val Romeo (Nathan Never, Dylan Dog), Giovanni Talami (Nick Raider,
Magico Vento), Andrea Fattori (Brendon), Lola Airaghi (Brendon, Dylan Dog)
e Ennio Bufi (Il Settimo Splendore).
Claudio Chiaverotti - Nato
il 20 giugno 1965 a Torino, città dove vive e lavora, Chiaverotti approda al
fumetto dopo un periodo piuttosto travagliato. Dapprima studia per diventare
odontotecnico, quindi si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza. È nel 1986 che
fa il suo ingresso nel mondo delle nuvole parlanti, scrivendo i testi per
alcune strisce di "Sturmtruppen", di Bonvi. Giunge alla Sergio Bonelli
Editore nel 1989, esordendo con l'albo n. 34 di Dylan Dog, "Il buio".
Sostituisce per lungo tempo Tiziano Sclavi nella produzione delle storie
dell'Indagatore dell'Incubo (per cui firma anche "Goblin", "I
delitti della mantide", "Partita con la morte", "Il
confine”), collabora pure alle testate Martin Mystère e Zona X, per poi dar
vita a un personaggio tutto suo, Brendon, un cavaliere di ventura che agisce
sullo sfondo di un mondo devastato da una immane tragedia, avvenuta più di un
secolo addietro, cui si allude con la definizione di "Grande
Tenebra".
lunedì 5 ottobre 2015
Le ultime diciotto ore di Gesù di Corrado Augias (Einaudi)
Tutto si è svolto in un
pugno d'ore, diciotto o venti al massimo. Dall'imbrunire di un giorno, al primo
pomeriggio del successivo. In modo convulso. Per lo piú nottetempo o alle prime
luci dell'alba. Il processo che ha cambiato il destino dell'uomo è stato
celebrato sicuramente in fretta, ma in base a quali accuse? Secondo quale rito?
Chi aveva ordinato l'arresto e perché? E soprattutto, chi aveva il potere di
convalidare il provvedimento emettendo la sentenza finale? Ad essere indagate
sono le ultime febbrili ore di Gesú di Nazareth, il giovane profeta giustiziato
su un patibolo romano a Gerusalemme in un anno convenzionalmente datato 33
della nostra èra. Vicende viste, forse per la prima volta, anche dalla
prospettiva degli occupanti romani. È questo un libro dove si entra e si esce
dalla storia, dove si raccolgono e indagano i documenti, dove si commentano le
fonti e le si fa parlare, e dove anche uomini e cose prendono vita. Fra queste
pagine si ode il rumore della pialla del falegname, lo stridio delle ruote dei
carri, il belato degli agnelli; si vedono il bianco della farina e il grigio
del fumo dei camini e si percepiscono le presenze misteriose di maghi,
indovini, assassini. Saggismo e gesto narrativo s'incontrano: c'è la precisione
storica e c'è la vita, la passione per il mondo e il talento di raccontarlo.
Molti sono i protagonisti della storia e appaiono piú tormentati, sfaccettati,
umani, di quanto siamo soliti considerarli: un Ponzio Pilato politicamente
debole, collerico e incerto. Claudia Procula, la misteriosa e tormentata moglie
dal passato burrascoso. Caio Quinto Lucilio, intellettuale deluso, acuto
testimone degli eventi. Il fariseo Nicodemo, discepolo di Gesú e membro del
Sinedrio. Giuda, forse ingiustamente colpevolizzato. Maddalena, la piú famosa
tra le discepole. Erode Antipa, un re fantoccio nelle mani dei Romani.
L'adultera senza nome che Gesú salva dalla lapidazione. Giuseppe e Maria che
assistono disperati alla morte del figlio amato. La mutevole folla di
Gerusalemme. Pagina dopo pagina, Corrado Augias tiene il lettore col fiato
sospeso ricostruendo una vicenda che crediamo, non sempre a ragione, di
conoscere. E sintetizza in modo affascinante decenni di discussioni storiche e
teologiche, lasciando aperte delle domande ma fornendo insieme nuovi e
inaspettati punti fermi da cui, ancora e ancora una volta, ripartire.
domenica 4 ottobre 2015
La barca dei folli di Stefano Dionisi (Mondadori)
«Noi eravamo lì per un
miracolo, per un'assoluzione laica per le nostre follie e i nostri amori… Noi
eravamo lì per non dover più piangere per i nostri cari, per non suicidarci,
per riprendere a mangiare…» A scrivere è Stefano Dionisi, che una notte in Estremadura,
dove sta girando un film, perde la drammatica battaglia con i fantasmi che da
tempo lo cingono d'assedio. L'inevitabile ricovero coatto in una struttura
psichiatrica diventa così la prima stazione di un tormentato viaggio nella
malattia mentale, sia dentro di sé sia dentro le cliniche pubbliche e private,
dove ogni giornata è identica alla precedente, scandita dalle visite del Prof e
dei suoi assistenti Tacchi a Spillo e Sbrano, dal cigolio delle ruote del
carrello con i pasti sottovuoto e di quello con la «terapia», dai fugaci
incontri con i familiari e con gli altri pazienti, e da ore e ore passate
sdraiati sul letto o in piedi davanti a una finestra ermeticamente chiusa,
nell'ansiosa attesa di «un treno che è sempre in ritardo». Nelle stanze, nei
saloni e nei corridoi illuminati giorno e notte dalla fredda luce dei neon si
muovono Ciuf Ciuf, il Conte, il Pilota, il Toscano e molti altri uomini e donne
fragili, bisognosi, ciascuno con la propria angoscia, ma tutti disperatamente
aggrappati a ciò che resta della loro identità e a ogni minimo spazio di
libertà. Per continuare a nutrire e a manifestare, in condizioni estreme e
contro il regolamento, sentimenti di amicizia, affetto, tenerezza e un
insopprimibile desiderio di amore. Mentre fra urla, sussurri e lunghi silenzi
si combatte con ogni mezzo (dagli psicofarmaci alla psicoterapia,
all'elettroshock) la lotta mortale contro il male interiore. Qualche volta
perdendola. Stefano sa che per guarire deve accettare di vivere in questo
«mondo a parte», nascosto agli occhi della cosiddetta «normalità», e lo fa con
animo aperto, solidale, a volte vulnerabile, e con lucida determinazione. Il
suo sguardo, mai rassegnato o indifferente, coglie con delicatezza ogni barlume
e gesto di vera umanità, e trafigge con ironia i piccoli e grandi abusi di
potere, le meschinità e gli inganni di medici, infermieri e pazienti. Intanto,
fra un ricovero e l'altro, cerca in tutti i modi di recuperare un rapporto con
il padre da cui è stato abbandonato troppo presto, per ritrovarlo,
faticosamente e dolorosamente, appena prima del distacco definitivo. Ed è
proprio nella rinuncia a un impossibile risarcimento affettivo e nella capacità
di provare pietà e persino amore per lui che il percorso di guarigione conosce
una svolta, rendendo possibile la conciliazione delle forze discordanti che
hanno lacerato la psiche del protagonista di questo straordinario e toccante
racconto dall'inferno della follia.
Dimmi a che serve restare di Maria Pia Romano (Il Grillo editore)
Estate 2005: due amici,
uno neopatentato, l’altro in procinto di diventare maggiorenne, decidono di
trascorrere una giornata in spiaggia e poi di andare al concerto dei Negramaro
a Gallipoli. Adorano quella band e conoscono a memoria tutte le canzoni, ma per
uno scherzo del destino non arriveranno mai a quel concerto. Trascorrono gli anni:
l’assenza diventa presenza nel racconto di chi ha amato. Un uomo rivive
attraverso i sogni segreti di suo figlio, che si inventa un nome e degli amici
immaginari per sfuggire alla paura; attraverso il ricordo del padre, che nel
dialogo con il mare affonda le sue malinconie di genitore che vive il lutto più
atroce; attraverso i pensieri della donna che lo ha amato per dieci anni, in
punta di piedi, scegliendo di restare sullo sfondo. Maria Pia Romano ci fa dono
di una storia d’amore e di mare, il canto di un’assenza, un romanzo ambientato
nel Salento, che con i suoi colori e la sua musica diventa luogo dell’anima dei
personaggi, anime inquiete in cerca di risposte. Che la vita dà solo quando
smetti di chiedere.
sabato 3 ottobre 2015
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