lunedì 9 novembre 2015
venerdì 6 novembre 2015
Mele bianche di Jonathan Carroll (Fazi Editore).
Vincent Ettrich ha poco
tempo. È morto ma è stato riportato in vita per salvare suo figlio dalle forze
del caos che vogliono evitare che nasca. Perché il figlio di Vincent, ancora
solamente un feto, è destinato a essere il salvatore dell’universo. Vi sembra
strano? Be', questo è solo l'inizio: benvenuti in uno dei più affascinanti e
originali romanzi degli ultimi anni, dove Dio è un mosaico, Caos è un tipaccio
grasso che va in giro in smoking e la Morte è una lezione di vita da cui
apprendere cruciali informazioni su se stessi e sul mondo, un mondo popolato da
personaggi che toccano dritto al cuore: Vincent Ettrich è un simpatico
dongiovanni che ha pochi giorni a disposizione per ricordarsi la lezione
imparata nell'aldilà e tramandarla al figlio perché venga mantenuto l'ordine
nell'universo; Isabelle Neukor è il grande amore di Vincent, che porta in
grembo il Predestinato col quale ha imparato a comunicare nei modi più
imprevedibili, e Coco è il bellissimo angelo che deve guidare Vincent in questa
missione ma che finirà suo malgrado per innamorarsi di lui. Tra curiose
metafore e rivelazioni illuminanti, Mele bianche, il romanzo più apprezzato di
Jonathan Carroll, alterna momenti di puro divertimento ad altri di
agghiacciante terrore: un romanzo cult, che continua a essere considerato uno
dei libri più originali del XXI secolo.
Jonathan Carroll
Americano ma residente a Vienna, è considerato uno dei più originali e
visionari scrittori viventi. I suoi fan vanno da Terry Gilliam a James Ellroy,
da Jonathan Lethem a Niccolò Ammaniti, da Sting a Stephen King.
giovedì 5 novembre 2015
La ragazza sull'aquilone, di Carmen Pafundi (Altrimedia Edizioni). Intervento di Nunzio Festa
Lupo
Morgante, novantenne, vedovo, scorbutico, ex insegnante di matematica e già
talent scout della Morgante Edizioni (libri per ragazzi, fiabe), una tranquilla
mattina d’estate del 2012 scompare dalla sua casa romana; portandosi soltanto
il dipinto, logo della Morgante, La ragazza sull'aquilone, realizzato dal
talentuoso Ermes Volo su richiesta del fondatore delle Edizioni. Comunque con
una telefonata i due figli di Lupo sono informati che l'uomo non si trova in
Lucania, sua terra d’origine, ma su di un’isola della Puglia: Segezia, detta
anche L’isola degli aquiloni, e che lì, il professore, conosciuto da tutti
anche come "il continentale", v'abitava, sebbene saltuariamente, da
più di cinquant’anni. Dei figli lo raggiunge Erminia, con la quale va meno
d’accordo, perché l’ha delusa, avendo scelto d'essere un’autrice e
illustratrice di fiabe; ciononostante sa come parlargli, perché ha più
sofferenza nel cuore, essendo madre d'una bambina disabile, per questo
abbandonata dal marito. Arrivata sull’isola, Erminia resta affascinata dalla
meraviglia di Segezia e dei suoi abitanti. E soprattutto sarà sconvolta da
un'altra grande verita. Siamo al terzo romanzo, per quest'autrice foggiana
d'origni basilische. Sempre presso la materana Altrimedia Edizioni, infatti,
Pafundi aveva esordito da "Un albero di cachi sono stata". Seguito da
"Le donne della Merceria Alfani". Zeno De Blasi in Un albero era un
medico geriatra che aveva trasformato il suo reparto di Geriatria in un mondo
fantastico, per far star meglio i degenti. Tutto tranquillo, almeno sino
all'apparire dell'Adele che con lui c'entra moltissimo. Mentre con Le donne
conosciamo la storia d'una bottega di Montelucano, che si fa diretto parallelo
con la saga tutta al femminile della famiglia Alfani. In ogni libro, Carmen
Pafundi infila elementi di stupore associati al fumo lontano per fortuna
dell'elaborazione del dolore. "La ragazza sull'aquilone" è un altro
mondo fantastico, che prevede la fantasia della realtà. Il giusto sentimento
che ogni romanzo deve tener dentro.
mercoledì 4 novembre 2015
Mauro Germani pubblica Giorgio Gaber Il teatro del pensiero per ZONA Editrice. Intervento di Paola Scialpi
L’autore del libro
Mauro Germani si rivela come colui che è consapevole che qualcosa di importante
e di prezioso può andare disperso e che deve essere necessariamente affrontato
con dovizia di particolari, con attenzione minuziosa in tutte le sue fasi.Egli
si trasforma in testimone attendibile di un trentennio di opere esemplari che
avrebbe stregato due generazioni. Il libro non poteva iniziare in un modo
migliore per farci sentire realmente la presenza di Giorgio Gaber: “ In sala si
spengono le luci e lentamente si apre il sipario,mentre si odono i primi
accordi di chitarra”. Chi legge, soprattutto se non è più giovanissimo, si
sente realmente trasportato in teatro mentre sul palcoscenico entra un uomo
dalla figura esile ed un po’ curvo : è Giorgio Gaber.Per chi ha seguito la sua
carriera e chi leggerà questo libro avrà un’ulteriore conferma della forza
interiore che veniva fuori da questo artista. Una forza espressiva che se pur
con contraddizioni ,dubbi e ricerche introspettive rivelava un grande coraggio
nella comunicazione che spesso andava al di là degli schemi e delle logiche
commerciali. Insieme al pittore Sandro Luporini che collaborerà sempre con
Gaber nei testi teatrali si avvieranno verso una forma espressiva denominata
Teatro Canzone che darà vigore alle pause, alla gestualità ,al corpo e alle
associazioni musicali.Ed è proprio il Signor G a dare inizio a questa forma di
canzone- prosa.Anche il Teatro di Evocazione sarà una forma di teatro scarno ma
intenso dove l’alternarsi del passato e del presente messo in scena dal
protagonista rivelerà una sorta di autoanalisi e di confessione pubblica tra
l’artista ed il pubblico.A volte i testi erano tanto intensi da distrarre dalla
musica ma per Gaber “ la musica non è mai un ornamento, un abbellimento,una
scenografia alla parola, e la parola va letta nella musica, come l’ha cantata:
con il significato ambiguo, ambivalente, o perentorio che la musica le
conferiva”così ha sottolineato il musicologo Lorenzo Arruga. Tutta l’opera di
Gaber è stata improntata sulla ricerca continua intorno all’uomo, nel non
arrendersi dinanzi a” verità confezionate” . L’uomo con le sue contraddizioni,
con le varie tappe della vita a non lasciarsi trascinare, specie per un
artista, dalle imposisizioni delle mode . Certo una scelta coraggiosa che
implica da parte dell’uomo un impegno costante nel mettersi in discussione
anche nei momenti drammatici da cui ci si vorrebbe sottrarre.
Altro tema presente
nell’opera di Gaber è l’attenzione al corpo ma non come si concepisce di solito
cioè nell’apparire ma un insieme di gesti, di parole, di comportamenti suoi e
degli altri .In teatro il suo corpo curvo la sua gestualità coinvolgevano in
modo profondo tutti i presenti che percepivano la quasi ossessione nel mettersi
in gioco, nell’autoanalizzarsi ,un misto di forza e paura di possesso e di
impossibilità di possesso. L’Amore , il rapporto tra uomo e donna non è mai
fine a se stesso ma rivela le nostre fragilità le nostre paure le nostre
miserie sempre e comunque nella più grande autenticità. A partire dal Signor G
(1970-71) Gaber affronterà spesso il tema del rapporto uomo-donna facendo a
volte riferimento alle ipocrisie delle famiglie medio-borghesi intrappolate in
una sorte di rete morale ,di facciata e di abitudini. Certo l’opera di Gaber ha risentito e di conseguenza.comunicato ciò che era stato
il sessantotto. Affronta temi come il potere, la democrazia, la guerra e lo fa
attraverso i personaggi delle sue opere che avvertono solitudine e incapacità di sentirsi inseriti in un mondo
in cui non si riconoscono(Anni affollati 1981-82). Anche Dio per Gaber è un
Dio” inconsueto” che trova la sua forza in quella dell’esistenza dell’individuo
che dovrà cercare nel tempo le giuste risposte.Tutta l’opera di Gaber sembra
voler scuotere le coscienze in modo violento per evitare il torpore di quel
sonno continuo che impedisce ogni sfogo di rabbia, di ricerca della verità.Gli
autori che Gaber predilige (Cèline,Sartre, Pasolini,Borges, Beckett,Adorno e
Horkheimer) saranno per lui fonte di rielaborazione creativa e di espressione
autonoma. Mauro Germani fa quindi un ritratto dalle tinte forti, con passione e
trasposizione. Emerge dalle sue descrizioni un grande lavoro di ricerca che
pian piano l’ha portato ad ammirare l’uomo Gaber donando a noi lettori un’immagine
poco conosciuta di Gaber e forse troppo poco ricordata.
martedì 3 novembre 2015
MISTERO SUL LAGO NERO di Massimo Cassani dal 5 novembre in libreria per Laurana Editore
Che triste autunno,
questo autunno, per il detective privato Mario Borri, 65 anni d’età per 165
centimetri d’altezza. La pensione è alle porte. E mentre sta provando
inutilmente ad ammorbidire il magone per l’ormai imminente addio alle armi con
qualche dose non troppo sparagnina di Jack Daniel’s liscio, si presenta nel suo
ufficio una sventola dai capelli fulvi che gli propone un lavoretto
all’apparenza facile facile. Non a Milano, però: in un paese lacustre lontano
dalla sua amata città. Dove muoversi, per lui - che pare uscito da un film noir
degli anni ’40 - è come camminare sulle uova. E di uova ne romperà parecchie.
Ma alla fine… Fra incontri con cinghiali, guardiani, suore, vecchietti con e
senza cappelli, albergatrici ex cantanti di night, baristi arcigni e
carabinieri occhiuti, l’ultima avventura del detective Borri si colora di toni
imprevedibili e umoristici.
Perché vale la pena di
leggere Mistero sul lago nero? - Perché è un libro che straripa di strani
episodi e aneddoti divertenti, senza però dimenticare l’importante tradizione
che ha alle spalle – partendo da Raymond Chandler per arrivare fino al
pasticciaccio di Carlo Emilio Gadda – rendendosi una sorta di emulazione
consapevole. Perché nonostante la sua profonda anima umoristica, non rinuncia a
quegli aspetti essenziali di un buon noir: il disvelamento del mistero segue i
binari di un’indagine vera, fatta di colpi di scena credibili. Come deve essere
in un puro romanzo di genere. Infine perché Massimo Cassani, al suo sesto
libro, si riconferma per quello che è: uno scrittore. I dialoghi sarcastici e
la prosa sferzante accompagnano splendide e precise descrizioni di un paesaggio
non metropolitano, anomalo, che la realtà ci ha abituati a dimenticare.
COME COMINCIA - Un po’
di malinconia mi stava venendo, amici miei, ve lo devo confessare. Ma stavo
provando ad ammorbidirla con due dita di Jack Daniel’s liscio, sorseggiate con
calma, le gambe allungate sulla scrivania, lo sguardo al soffitto.
Nell’intonaco annerito dal fumo di sigaretta si intrecciavano svincoli di
ipnotiche e tortuose fessure scavate dal tempo. Ero solo, tolta una cimice che
sgambettava sul vetro della finestra con addosso soltanto qualche goccia di
Chanel N°5. Stavo lì senza far niente, aspettavo e basta. Ho sempre adorato
star lì, senza far niente, aspettando e basta, ma quella volta la malinconia mi
stava rovinando il mio passatempo preferito.
Massimo Cassani,
giornalista, è nato a Cittiglio, in provincia di Varese, nel 1966 e vive a
Milano da quasi trent’anni. Mistero sul lago nero è il suo sesto romanzo. Ha
esordito nella narrativa con Sottotraccia (Sironi, 2008 e poi TEA, 2015), primo
episodio della serie con protagonista il commissario Micuzzi, cui sono seguiti
Pioggia battente (Sironi 2009, TEA, 2014), Zona Franca (TEA, 2013) e Soltanto
silenzio (TEA, 2014). Per Laurana ha pubblicato nel 2010 Un po’ più lontano,
dedicato ai temi della solitudine e dell’agnizione d’identità. Nel 2015 ha
partecipato con un racconto autobiografico all’opera collettanea dal titolo La
formazione dello scrittore (Laurana) in cui compaiono scritti, fra gli altri,
di Tullio Avoledo, Raul Montanari e Alessandro Zaccuri. Dal 2010 collabora con
la Bottega di narrazione, scuola di scrittura creativa condotta da Giulio
Mozzi.
lunedì 2 novembre 2015
Breve diario di frontiera di Gazmend Kapllani. Traduzione di Maurizio De Rosa. Nelle librerie dal 3 dicembre 2015 per Del Vecchio Editore
Dopo aver trascorso
l’infanzia e gli anni della scuola in Albania, immaginando che le minigonne e i
quiz della tv di Stato italiana fossero la realtà di ogni giorno della vita in
Occidente – e fantasticando di conseguenza di poter vivere
al di là del confine –
la morte del dittatore Enver Hoxha finalmente consente a Gazmend Kapllani di
mettere in pratica il proprio piano di fuga. Tuttavia, al suo arrivo nella
Terra Promessa, non trova né procaci e disponibili fanciulle, né il caloroso
benvenuto che aveva immaginato di ricevere dai suoi cugini greci. Viene,
invece, sbattuto in un centro di detenzione temporaneo, situato in una piccola
città di confine. Gazi e i suoi compagni immigrati cercheranno così di trovare
un lavoro, cominciando a pianificare le loro vite future in Grecia e
immaginando ricchezze e successi che rimangono sempre appena oltre la loro
portata.
Kapllani racconta con irriverenza e ironia di un’infanzia popolata di
onnipresenti e paranoici delatori e di cartoni di sapone in polvere sbiancati dalla
salsedine del Mare Adriatico utilizzati come feticci dell’Occidente per
decorare il salotto di casa, e, intrecciando questi ricordi con il presente di
migranti afflitti dalla “sindrome del confine” (uno stato mentale al pari di
un’esperienza geografica), confeziona un brillante e divertente romanzo
d’esordio.
L’autore è nato nel 1967
a Lushnjë, in Albania. Nel gennaio del 1991 ha attraversato il confine con la
Grecia
a
piedi per sfuggire alla persecuzione da parte dei servizi segreti comunisti. In
Grecia ha lavorato come muratore, cuoco, venditore ambulante, laureandosi
successivamente presso l’università di Atene e completando un dottorato
sull’immagine degli albanesi sulla stampa greca e dei greci sulla stampa
albanese. Ora è uno scrittore di successo e tiene una rubrica bisettimanale su
Ta Nea, il più grande quotidiano greco.
venerdì 30 ottobre 2015
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