Adua è oggi una donna matura e vive a Roma da
quando ha diciotto anni. È una vecchia Lira, così i nuovi immigrati chiamano le
donne giunte nel nostro paese durante la prima ondata di immigrazione negli
anni settanta. Ha da poco sposato un giovane Titanic, un immigrato sbarcato a
Lampedusa, e medita di tornare in Somalia dopo la fine della guerra civile.
Ormai sola (la sua amica Lul è già rientrata in patria e il giovane marito è
interessato più a Facebook che a lei), Adua si confida con la statua
dell'elefante che sorregge l'obelisco in piazza Santa Maria sopra Minerva.
Piano piano gli racconta la sua storia: suo padre Zoppe, ultimo discendente di
una famiglia di indovini, lavorava come interprete durante il regime e negli
anni trenta baratterà involontariamente la sua libertà con la libertà del suo
popolo. Adua, fuggita dai rigori paterni e dalla dittatura comunista, approda a
Roma inseguendo il miraggio del cinema. Purtroppo l'unico film da lei
interpretato, un porno soft dal titolo "Femina somala", sarà fonte
solo di umiliazione e vergogna. Solo adesso Adua sente di essere pronta a
riprendere in mano la sua vita.
lunedì 14 settembre 2015
Il giocatore - Le notti bianche - La mite - Il sogno di un uomo ridicolo di Fëdor M. Dostoevskij. A cura di Mauro Martini, Luisa De Nardis e PierLuigi Zoccatelli (Newton Compton)
Accanito, e non
fortunatissimo, giocatore per molti anni, Dostoevskij scrisse Il giocatore in
soli ventotto giorni nell’ottobre del 1866. Nell’immaginaria stazione termale
di Roulettemburg, Aleksej Ivanovič, intellettuale russo sradicato, finisce per
rischiare il suo stesso destino. Eroe del romanzo breve Le notti bianche, opera
del periodo cosiddetto «romantico» di Dostoevskij, è la figura del sognatore,
nella cui piatta esistenza, chiusa in un mondo di fantasticherie, piomba per un
breve attimo la giovane Nasten’ka. Nella più matura espressione della sua vena
creativa, Dostoevskij ci presenta ne La mite il racconto introspettivo e
raggelante di un marito che veglia la giovane moglie morta suicida; Il sogno di
un uomo ridicolo è il monologo di un uomo che, abbandonato da tutti e deciso a
uccidersi, sprofonda in un sogno che lo trasporta in un mondo primordiale,
un’onirica età dell’oro.
Zoo a due di Marino Magliani e Giacomi Sartori con prefazione di Beppe Sebaste (Perdisa Pop). Intervento Nunzio Festa
Andiamoci piano. Perché
il pregiato libro che abbiamo sotto le mani va ‘descritto’ con meticolosità;
almeno nella dose usata da chi l’ha fatto: dagli autori dei racconti che lo
compongono, all’autore della prefazione ai professionisti tutti dell’editrice
che l’ha portato in stampa. Intanto – appunto - la copertina, di “Zoo a due”,
firmato da Marino Magliani e Giacomo Sartori. Perché è sviluppata su un disegno
d’Andrea Pazienza. Dove due volatili in bianco e nero si coccolano appoggiati a
un ramo. Evidentemente a simboleggiare l’amore. Ma potremmo (pure) allargarci
indicando, quale emozione e sentimento, insomma un (po’) valore, persino
l’amicizia. Mentre la prefazione dello scrittore Beppe Sebaste, competente e
impeccabile come un riuscito saggio breve – a presentare la voglia di vivere
del volume. E Sebaste, sia chiaro, indugia soprattutto su un elemento. Insomma
ci tiene a spiegarci, precisare che il motivo del libro appartiene al catalogo
delle forze storiche della letteratura. L’animale non è che uomo in sedicesimi.
Oppure il contrario. O, detto in maniera più rozza, ogni vicissitudine che gli
animali dimostrano di sopportare e portare a noi la conosciam bene in quanto fa
parte delle nostre stesse vite. Non per niente, lo scrittore Beppe Sebaste
parte citando scrittori che non sono “classici” per vezzo delle critica, ma
sono considerati tali da chiunque apra un loro romanzo. Da Tolstoj a Kafka.
L’antologia è formata da sedici racconti; quattordici brevi di Sartori e due
più lunghi di Marino Magliani. Il libro è aperto da “Pipì”, di Giacomo Sartori,
storia d’un cane che racconta il suo legame col padrone, un barbone che gli
vuole tanto bene. Ma sono le due novelle di Magliani a fare da controcanto a
tutti i personaggi, sempre del mondo animale, che passano nello scorrere della
raccolta di voci. Dopo aver lasciato il canarino nella sua sicurissima gabbia,
incontriamo, per fare solamente qualche esempio delle micro-storie di G.
Sartori, una formica che un giorno esula dal compito di seguire tutte le
indicazioni del collettivismo formichista. Per una volta si sposta dalla massa
che esegue militarmente. Raccontandoci in prima persona che si prova
nell’impresa. “Se fosse durata sarebbe stata la quinta estate sotto le palme.
Ma il padrone teneva le bestie solo per un periodo e poi le abbandonava. E un
giorno toccò anche a Cobre”, è l’incipit del primo dei racconti di Magliani.
Quello del cane che tenta di tornare dal suo padrone, lungo la costa ligure
madre dell’autore. Che troverà quello dell’altro cane, il figlio, in cammino
nella risalita contraria. La penna è quella del Magliani in stato di grazia,
che con “Quella notte a Dolcedo” aveva incantato. La scrittura di Giacomo
Sartori deve invece fare i conti, giustamente, con la difficoltà di non cedere
alla barzelletta: traguardo raggiunto grazie all’invenzione d’un orso polare
freddoloso della stessa squadra dell’unicorno abitante d’un libro eccetera. Un
libro, insomma, su paure, desideri e ambizioni tutte umane. Nel manifestarsi di
sentimenti certamente animali.
“SUL CORNO DEL RINOCERONTE” di FRANCESCA BELLINO VINCE LA IX EDIZIONE PREMIO NAZIONALE di NARRATIVA MARIA TERESA DI LASCIA
“Sul corno del
rinoceronte” di Francesca Bellino, pubblicato da L’Asino d’oro, è il romanzo
vincitore della IX edizione del Premio Nazionale di narrativa Maria Teresa Di
Lascia 2015. Il secondo posto è stato assegnato a “Il braccialetto” di Lia Levi
(edizioni e/o) e il terzo posto “Sette di noi” di Margherita D’Amico
(Bompiani). La cerimonia di assegnazione del Premio letterario intitolato alla
scrittrice Maria Teresa Lascia, vincitrice del Premio Strega 1995 con il
romanzo Passaggio in ombra (Feltrinelli), scomparsa prematuramente senza poter
vivere il riconoscimento del mondo letterario, ha avuto luogo ieri, sabato 12
settembre, a Rocchetta Sant’Antonio, nella splendida cornice barocca della
Chiesa Madre. “Sono davvero felice di ricevere questo premio per un libro che
parla di ricerca e difesa della libertà come ci ha insegnato Maria Teresa Di
Lascia” ha detto durante la premiazione la vincitrice, Francesca Bellino,
ricordando anche i tanti profughi in arrivo in Europa dall’Africa e Medio
Oriente. “Sul corno del rinoceronte” racconta la storia di un’amicizia tra due
donne, una italiana e una tunisina, e sullo sfondo la rivoluzione tunisina che
ha avviato i cambiamenti che stanno interessando il mondo arabo. Il ricordo di
Maria Teresa Di Lascia, radicale convinta, attivista contro la pena di morte e
fondatrice dell’associazione Nessuno Tocchi Caino- Associazione operante per
l’abolizione della pena di morte nel mondo - deputata parlamentare,
giornalista, protagonista di molte azioni
in difesa dei diritti umani e
dell’ambiente, a favore della nascita di uno spirito diverso e
comunitario che coltivi in ognuno il riconoscimento della propria identità
storica e culturale e celebri insieme i valori condivisi di libertà, democrazia
e solidarietà. Due le Comunità coinvolte nel Premio: Rocchetta Sant’Antonio che
ha visto nascere e crescere Maria Teresa, e Fiuminata (MC) città di origine
della madre di Maria Teresa e luogo di sepoltura della scrittrice. Due regioni,
la Puglia e le Marche unite da Maria Teresa Di Lascia e dalla condivisione di
un evento che ha raggiunto la nona edizione. Infatti il premio, rivolto alla
scrittura narrativa al femminile, si
svolge ad anni alterni nelle due cittadine. Promotori della prima edizione del
premio nel 2007 i Sindaci delle due città, il prof. Claudio Mazzalupi per
Fiuminata, il prof. Ranieri Castelli per Rocchetta S. Antonio, e il prof.
Alfredo Luzi, docente di Letteratura italiana contemporanea all’università di
Macerata, presidente della giuria
scientifica del Premio. Garanti delle future edizioni del Premio le rinnovate amministrazioni
comunali e i Sindaci delle due città, l’arch. Ulisse Costantini per Fiuminata,
il dott. Giulio Valentino Petruzzi per Rocchetta. A sigillare la sinergia di
intenti, nella valorizzazione del territorio e delle sue espressioni più
alte, i Patrocini della Provincia di
Foggia e della Regione Puglia, la fattiva
collaborazione dell’Università di Foggia- Dipartimento di Studi Umanistici e
della prof.ssa Antonella Cagnolati, promotrice della Giuria di studenti che, in piena autonomia rispetto alla giuria
scientifica e alla giuria popolare, assegnerà il Premio UniFG. Questa edizione del Premio gode
dell’onorevole sostegno della Fondazione
Banca del Monte di Foggia, fortemente voluto dal Presidente prof. Saverio Russo
e condiviso dal Consiglio di Amministrazione.
Rocchetta Sant’Antonio,
13 settembre 2015
Lucia Castelli (Curatrice
del Premio Nazionale Narrativa “Maria Teresa Di Lascia”)
Biblioteca C/le
“Giovanni Libertazzi - Via F. De Sanctis n.2 (71020 Rocchetta S. Antonio)
domenica 13 settembre 2015
La strada stretta verso il profondo Nord di Richard Flanagan (Bompiani)
Dorrigo Evans, medico
di origine tasmaniana, è stato deportato in un campo di prigionia giapponese
dove, insieme a molti connazionali, viene impiegato nella costruzione della
Ferrovia della Morte, la linea ferroviaria tra Bangkok e la Birmania che
avrebbe dovuto permettere all’esercito nipponico d’invadere l’India. Un’impresa
sovrumana, che costerà la vita a centinaia di migliaia di uomini. Dorrigo fa il
possibile per salvare i suoi compagni dalla fame, dalle malattie e dalle
violenze delle guardie. A sostenerlo il ricordo di una fugace storia d’amore,
vissuta anni prima con la giovane moglie di suo zio. Una manciata di giorni che
vale una vita. Una promessa mai pronunciata. La strada stretta verso il
profondo Nord è una storia epica d’amore e morte, disperazione e speranza, e
Richard Flanagan, con una lingua densa e uno stile superbo, riesce a toccare
tutte le corde dell’animo umano, avvolgendo il lettore con una storia
sorprendente, dolorosa e di tremenda bellezza.
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