domenica 4 ottobre 2015

La barca dei folli di Stefano Dionisi (Mondadori)
























«Noi eravamo lì per un miracolo, per un'assoluzione laica per le nostre follie e i nostri amori… Noi eravamo lì per non dover più piangere per i nostri cari, per non suicidarci, per riprendere a mangiare…» A scrivere è Stefano Dionisi, che una notte in Estremadura, dove sta girando un film, perde la drammatica battaglia con i fantasmi che da tempo lo cingono d'assedio. L'inevitabile ricovero coatto in una struttura psichiatrica diventa così la prima stazione di un tormentato viaggio nella malattia mentale, sia dentro di sé sia dentro le cliniche pubbliche e private, dove ogni giornata è identica alla precedente, scandita dalle visite del Prof e dei suoi assistenti Tacchi a Spillo e Sbrano, dal cigolio delle ruote del carrello con i pasti sottovuoto e di quello con la «terapia», dai fugaci incontri con i familiari e con gli altri pazienti, e da ore e ore passate sdraiati sul letto o in piedi davanti a una finestra ermeticamente chiusa, nell'ansiosa attesa di «un treno che è sempre in ritardo». Nelle stanze, nei saloni e nei corridoi illuminati giorno e notte dalla fredda luce dei neon si muovono Ciuf Ciuf, il Conte, il Pilota, il Toscano e molti altri uomini e donne fragili, bisognosi, ciascuno con la propria angoscia, ma tutti disperatamente aggrappati a ciò che resta della loro identità e a ogni minimo spazio di libertà. Per continuare a nutrire e a manifestare, in condizioni estreme e contro il regolamento, sentimenti di amicizia, affetto, tenerezza e un insopprimibile desiderio di amore. Mentre fra urla, sussurri e lunghi silenzi si combatte con ogni mezzo (dagli psicofarmaci alla psicoterapia, all'elettroshock) la lotta mortale contro il male interiore. Qualche volta perdendola. Stefano sa che per guarire deve accettare di vivere in questo «mondo a parte», nascosto agli occhi della cosiddetta «normalità», e lo fa con animo aperto, solidale, a volte vulnerabile, e con lucida determinazione. Il suo sguardo, mai rassegnato o indifferente, coglie con delicatezza ogni barlume e gesto di vera umanità, e trafigge con ironia i piccoli e grandi abusi di potere, le meschinità e gli inganni di medici, infermieri e pazienti. Intanto, fra un ricovero e l'altro, cerca in tutti i modi di recuperare un rapporto con il padre da cui è stato abbandonato troppo presto, per ritrovarlo, faticosamente e dolorosamente, appena prima del distacco definitivo. Ed è proprio nella rinuncia a un impossibile risarcimento affettivo e nella capacità di provare pietà e persino amore per lui che il percorso di guarigione conosce una svolta, rendendo possibile la conciliazione delle forze discordanti che hanno lacerato la psiche del protagonista di questo straordinario e toccante racconto dall'inferno della follia.

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