giovedì 10 settembre 2015

Nicholas Nickleby di Charles Dickens a cura e con la traduzione di Riccardo Reim (Newton Compton)



Nicholas Nickleby, un giovane gentiluomo di “belle speranze”, ridotto in miseria insieme con la madre e la sorella dalla improvvisa morte del padre, si getta ingenuamente nelle spire di tremendi individui, uno dei quali è il suo stesso zio, vera anima nera di tutta la vicenda. 
Da quando Nicholas intraprende il viaggio che lo porterà da Londra allo Yorkshire, nella lurida “scuola” di Master Squeers per ragazzi abbandonati, alla ricerca di un lavoro e di se stesso, anche i lettori, trascinati dalla ineffabile potenza narrativa di Charles Dickens, viaggiano con lui attraverso le più spietate desolazioni della cattiveria umana e l’infinito calore di una presenza amica pronta a rischiare in prima persona per dare aiuto e conforto. Nicholas Nickleby è lo splendido romanzo dove si svolge anche la rivolta di un gigante della letteratura contro la crudeltà più ripugnante: quella verso i deboli, gli indifesi, i bambini.

CONSIGLIO – Thriller Café












Thriller Café è un sito settoriale dedicato alla narrativa thriller, gialla e noir, che si contraddistingue per la numerosità e la profondità degli argomenti, attuali e spesso inediti: recensioni, lezioni di scrittura creativa, segnalazioni di eventi e rassegne, concorsi letterari di genere, biografie di autori e aggiornamenti sui grandi premi internazionali e su tutte le novità nel settore.

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Guida portatile alla psicopatologia della vita quotidiana di Costanza Jesurum (Minimum Fax)
























«Datemi un uomo normale e io lo guarirò». Questo prometteva Carl Gustav Jung nel secolo scorso. Il tempo passato ha trasformato le sue parole in una profezia, rivelando come gli esseri umani non siano altro che dei fasci di nevrosi. Costanza Jesurum, psicoanalista e terapeuta, da anni tiene un blog amatissimo, Zauberei, con cui ci aiuta a districarci nella psicopatologia della vita quotidiana al tempo delle ansie onnipresenti. E con la stessa ironia ma con un metodo ancora più stringente, ha voluto scrivere un manuale divertentissimo ma solidamente scientifico. Guida portatile alla psicopatologia della vita quotidiana è un prontuario di resistenza umana che risponde alle mille domande che ci assillano mentre andiamo ai colloqui con gli insegnanti a scuola, ai pranzi domenicali coi parenti, dopo una nottata inaspettata di sesso con uno sconosciuto o proprio mentre usciamo dalla nostra seduta settimanale sul lettino dello psicologo.

Costanza Jesurum è psicoanalista e terapeuta. Per il Melangolo ha pubblicato Il manuale antistalking. Come difendersi dagli stalker(2014). Da anni tiene il blog Zauberei.

La grande armata dei dispersi e visionari. Vita dello scrittore Stefano Terra di Massimo Novelli con la prefazione di Diego Zandel (Ediesse). Intervento di Nunzio Festa



Al secolo Giulio Tavernari, Stefano Terra, pseudonimo preso in parte dall'elemento assoluto, ovvero “terrestre” - della 'terra' in quanto tale -, trotzkista quando i trotzkisti erano largamente perseguitati persino a sinistra e anti-titino quando il 'titismo' era una bandiera perfino della sinistra che purgava i non dogmatici ai propri culti, è stato uno scrittore e, innanzitutto, un reporter irregolare; ché tra l’alcol e le sigarette ha posizionato la visione (sua) del mondo: trovando in ogni angolo di mondo, sia detto, luoghi, sempre naturali, umani o non umani quindi, con la propria infedeltà alla certezze purificanti di dogmi e principi idealistici. Dunque il suo nome andrebbe riconsiderato. Se oggi ci fosse onestà, nel mercato editoriale. Ma il business non accetta compromessi con la verità. Allora diciamo che quel Terra blandamente accostato all’indomabile altro avventuriero, seppur di tempra, per scelte, molto diversa, Alberto Ongaro, fu una delle interpreti letterari che seppe decodificare, in maniera perfettamente controcorrente, i tempi che viveva. Facendo della sua biografia appendice e tema vitale dei suoi romanzi. A buon conto, allora, il meritevole Massimo Novelli, figlio del Novelli giornalista di quella Stampa che fu pure di Terra, annovera Tavernari nella “grande armata dei dispersi e visionari”. Ma realizzando un lavoro impeccabile. In quanto frutto d’una dedizione assoluta e, a tratti, estrema, alla causa. Quella di riconoscere, ché il tempo non è utile non è mai finito, tutti i meriti di Giulio Tavernari. Quel Terra che davvero poco riuscì a resistere nella redazione del Politecnico d’Elio Vittorini, ma che di contro lungamente fece resistenza pura sostenendo l’antifascismo militante, con la pratica, e quello colto con giornali e pubblicazioni tenuti in considerazione in Giustizia e Libertà, che fu pure “editore” ecc., oltre chiaramente. A moltissimo altro ancora. Vastamente apprezzato dalla critica (Bo, Pampaloni, Falqui per fare solamente qualche nome) Terra in Italia pubblicò presso Mondadori, Einaudi, Bompiani e Rizzoli. Uomo del Levante, ma non alla stregua del pacifista Terzani in quanto più battagliero sul campo, nel senso proprio di combattente, già prima con le vesti imposte di tenente italiano ovviamente poi Disertore, innamoratissimo della Grecia, tanto che le sue spoglie là giù rivivono, la biografia di Terra per prima cosa racconta appunto l’avversione, seppur diciamo da sinistra, al regime di Tito come, chiaramente, l’opposizione dura pura e frontale alla “dittatura dei colonnelli” delle sponde del Peloponneso. Il poeta Stefano Terra menziona in forma lirica, si da il caso, incontri e amicizie, certezze d’opposizione e regola di vita intransigente e finemente battagliera. E Novelli sceglie di scovare, per riportare in vita Terra, persone e luoghi. Quel passato che mai dovrebbe passare. Usando dialoghi con chi ha conosciuto meglio lo scrittore, in primis la sua ultima moglie, e, naturalmente, le righe di narrativa e poesia dello scrittore. Ci sarebbe davvero troppo da dire. Epperò non è concepibile che romanzi dal titolo, per dire, “Albergo Minerva” e “Alessandria” e “Le porte di ferro”, risultino oggi introvabili. Il cancro uccise Giulio Tavernari. L’irriconoscenza della spietata e perduta Italia ha ammazzato lo scrittore Stefano Terra.

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mercoledì 9 settembre 2015

Baby K - Roma - Bangkok (Official Video) ft. Giusy Ferreri

O la va o la spacca. Una commedia nera di Enrico Brizzi (Barbera). Intervento di Nunzio Festa



In tempi non sospetti, se così si può dire pensando a un argomento che almeno negli ultimi vent'anni è stato il presente dell'Italietta, Enrico Brizzi dimostrò con "La vita quotidiana in Italia ai tempi di Silvio Berlusconi" (Laterza) d'esser, oltre a un narratore di talento, scrittore in grado di fare della duttilità e della versatilità i suoi attributi tra i più importanti; e da allora, era il 2010, arrivarano a conferma altri libri: quelli di viaggio. Del cammino. Ma con "O la va o la spacca", non a caso sottotitolato con "Una commedia nera", possiamo addirittura dire che Brizzi si spinge, se possibile, perfino oltre. Nel senso che adesso entra nel cosidetto "genere" per eccellenza. "Il quarantenne Umberto Ripamonti è l'unico erede della Rigorex, una delle più insigni ditte della Nazione nel campo dei serramenti in alluminio. Tra lui e la stanza dei bottoni si frappone però sua madre, la volitiva signora Ester, un passato da reginetta di bellezza e un presente da cinica capitana d'industria. Umberto, intenzionato a conquistarsi l'autonomia economica e la possibilità di portare avanti la sua sghemba storia d'amore con Vanessa, medita quindi di prendere una pericolosa scorciatoia: con l'aiuto dell'amico d'infanzia Cabir Polentarutti, che negli anni si è costruito un solido curriculum da malvivente, prova a estorcere un'ingente cifra alla ditta di famiglia. L'insano proposito dovrà però fare i conti con il carattere e l'ascendente della madre, ancora una volta determinata a restare regista della vita propria e di quelle altrui". Un episodio, diciamo, che potremmo registrare nella stessa Italietta d'oggi, quella 'vera'. Dove le sagome costruite da Brizzi sono manichini sottratti appunto alle più banali cronache di provincia. Non nell'eccezionalità, proprio. Bensì nella composizione sociale di pezzi della società altamente significativi. Perché i personaggi sono così finti che potrebbero esister per davvero. E intanto esistono per mezzo di loro pregi e, soprattutto, difetti. Sarcastico più che mai, Enrico Brizzi spegne la televisione e fa un episodio nuovamente cinematografico.