Due grandi opere hanno
contribuito a mitizzare la figura di Thomas Edward Lawrence, meglio conosciuto
come “Lawrence d’Arabia”: l’omonimo film e il suo fortunatissimo libro I sette
pilastri della saggezza. Tra i suoi estimatori, oltre a una larga fetta della
popolazione inglese, Winston Churchill, Bernard Shaw e Lady Astor. La figura
romantica dell’Inglese che lotta per l’indipendenza degli arabi contro
l’ingerenza turca, però, va oggi decostruita a favore di un’interpretazione più
vicina alla vera storia di un personaggio controverso. Knightley e Simpson si
giovano così di una messe copiosa di fonti tra le quali le dichiarazioni che
una sorta di amante di Lawrence rilasciò nel 1968 al Sunday Times; le lettere
dello stesso Lawrence concesse dal fratello, il professore A.W. Lawrence; gli
importantissimi documenti desecretati del Public Record Office (Archivio di
stato) di Londra e per finire: «Rintracciammo [scrivono gli autori] in
Australia uno dei primi agenti reclutati da lui quando lavorava per il servizio
di informazione al Cairo, nel 1915; in Turchia rintracciammo la famiglia (e
tramite questa i diari) del bey di Deraa, l’uomo da cui Lawrence dichiarò di
essere stato violentato; in Israele un documento riguardante un importante
incontro tra il leader arabo, l’emiro Faysal, e Chaim Weizmann, del movimento
sionista, uno dei fondatori di Israele». Ne esce il ritratto non solo di un
uomo molto più “umano” di quello mitizzato nei racconti, ma anche un
personaggio isolato e attaccato a una personalissima “ragion di stato”, per
finire, quello che oggi oseremmo definire un masochista (a livello sessuale). Che
l’interesse primario di una spia inglese non fosse l’indipendenza del popolo di
Hussein (lo sceriffo ed emiro della Mecca) non è una rivelazione. Nel periodo coloniale
il “risiko” delle nazioni europee all’interno dello scacchiere mediorientale (e
globale!) era una guerra senza esclusione di colpi. Solo il più svelto, il più
astuto e il più spregiudicato poteva avanzare. Lawrence fu più di tutto questo.
Capace di andare oltre i suoi stessi ordini, Lawrence seguiva una propria idea:
«A parte il
patriottismo, i principali stimoli durante tutta la Rivolta furono per lui
l’ambizione, la diffidenza e l’odio per i francesi, quest’ultimo così profondo
che in alcuni documenti da lui redatti agli inizi della guerra è difficile
stabilire chi fosse il nemico, se i turchi o i francesi».
Le conseguenze delle
sue azioni (una fra tutte lo stimolo concreto alla creazione dello stato di
Israele) hanno conseguenze geopolitiche ancora oggi. Quindi, al di là
dell’ottimo e piacevole “gossip storico” che smitizza un personaggio del
colonialismo inglese, questo è un libro interessante per capire cosa si muove
in Arabia, Siria, Turchia, Palestina, Egitto, Iran e Israele. La differenza tra
la Jihad a cui chiamavano gli esponenti dell’Impero ottomano allora e quella
odierna è importante per capire una galassia sfaccettata (quella islamica) e in
costante evoluzione.
Phillip Knightley, giornalista, critico e
saggista australiano, ha vissuto alle isole Fiji e in India, dedicandosi alla
sceneggiatura di documentari e al commercio. Inviato speciale del Sunday Times,
ha scritto numerosi saggi di storia contemporanea tra cui la biografia Philby,
KGB Master Spy e An Affair of State, sullo scandalo Profumo britannico del
1963. Vive tra Londra, Sydney e Goa.
Colin Simpson ha studiato a Oxford e presso
l’università di Helsinki. Corrispondente speciale del Sunday Times, ha scritto
numerosi articoli di vario genere: dalle mostre di antiquariato alla Guerra dei
sei giorni. È l’autore di
Sir Francis Chichester, the Voyage of the Century. Vive
nel Suffolk.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.