Tutto si è svolto in un
pugno d'ore, diciotto o venti al massimo. Dall'imbrunire di un giorno, al primo
pomeriggio del successivo. In modo convulso. Per lo piú nottetempo o alle prime
luci dell'alba. Il processo che ha cambiato il destino dell'uomo è stato
celebrato sicuramente in fretta, ma in base a quali accuse? Secondo quale rito?
Chi aveva ordinato l'arresto e perché? E soprattutto, chi aveva il potere di
convalidare il provvedimento emettendo la sentenza finale? Ad essere indagate
sono le ultime febbrili ore di Gesú di Nazareth, il giovane profeta giustiziato
su un patibolo romano a Gerusalemme in un anno convenzionalmente datato 33
della nostra èra. Vicende viste, forse per la prima volta, anche dalla
prospettiva degli occupanti romani. È questo un libro dove si entra e si esce
dalla storia, dove si raccolgono e indagano i documenti, dove si commentano le
fonti e le si fa parlare, e dove anche uomini e cose prendono vita. Fra queste
pagine si ode il rumore della pialla del falegname, lo stridio delle ruote dei
carri, il belato degli agnelli; si vedono il bianco della farina e il grigio
del fumo dei camini e si percepiscono le presenze misteriose di maghi,
indovini, assassini. Saggismo e gesto narrativo s'incontrano: c'è la precisione
storica e c'è la vita, la passione per il mondo e il talento di raccontarlo.
Molti sono i protagonisti della storia e appaiono piú tormentati, sfaccettati,
umani, di quanto siamo soliti considerarli: un Ponzio Pilato politicamente
debole, collerico e incerto. Claudia Procula, la misteriosa e tormentata moglie
dal passato burrascoso. Caio Quinto Lucilio, intellettuale deluso, acuto
testimone degli eventi. Il fariseo Nicodemo, discepolo di Gesú e membro del
Sinedrio. Giuda, forse ingiustamente colpevolizzato. Maddalena, la piú famosa
tra le discepole. Erode Antipa, un re fantoccio nelle mani dei Romani.
L'adultera senza nome che Gesú salva dalla lapidazione. Giuseppe e Maria che
assistono disperati alla morte del figlio amato. La mutevole folla di
Gerusalemme. Pagina dopo pagina, Corrado Augias tiene il lettore col fiato
sospeso ricostruendo una vicenda che crediamo, non sempre a ragione, di
conoscere. E sintetizza in modo affascinante decenni di discussioni storiche e
teologiche, lasciando aperte delle domande ma fornendo insieme nuovi e
inaspettati punti fermi da cui, ancora e ancora una volta, ripartire.
lunedì 5 ottobre 2015
domenica 4 ottobre 2015
La barca dei folli di Stefano Dionisi (Mondadori)
«Noi eravamo lì per un
miracolo, per un'assoluzione laica per le nostre follie e i nostri amori… Noi
eravamo lì per non dover più piangere per i nostri cari, per non suicidarci,
per riprendere a mangiare…» A scrivere è Stefano Dionisi, che una notte in Estremadura,
dove sta girando un film, perde la drammatica battaglia con i fantasmi che da
tempo lo cingono d'assedio. L'inevitabile ricovero coatto in una struttura
psichiatrica diventa così la prima stazione di un tormentato viaggio nella
malattia mentale, sia dentro di sé sia dentro le cliniche pubbliche e private,
dove ogni giornata è identica alla precedente, scandita dalle visite del Prof e
dei suoi assistenti Tacchi a Spillo e Sbrano, dal cigolio delle ruote del
carrello con i pasti sottovuoto e di quello con la «terapia», dai fugaci
incontri con i familiari e con gli altri pazienti, e da ore e ore passate
sdraiati sul letto o in piedi davanti a una finestra ermeticamente chiusa,
nell'ansiosa attesa di «un treno che è sempre in ritardo». Nelle stanze, nei
saloni e nei corridoi illuminati giorno e notte dalla fredda luce dei neon si
muovono Ciuf Ciuf, il Conte, il Pilota, il Toscano e molti altri uomini e donne
fragili, bisognosi, ciascuno con la propria angoscia, ma tutti disperatamente
aggrappati a ciò che resta della loro identità e a ogni minimo spazio di
libertà. Per continuare a nutrire e a manifestare, in condizioni estreme e
contro il regolamento, sentimenti di amicizia, affetto, tenerezza e un
insopprimibile desiderio di amore. Mentre fra urla, sussurri e lunghi silenzi
si combatte con ogni mezzo (dagli psicofarmaci alla psicoterapia,
all'elettroshock) la lotta mortale contro il male interiore. Qualche volta
perdendola. Stefano sa che per guarire deve accettare di vivere in questo
«mondo a parte», nascosto agli occhi della cosiddetta «normalità», e lo fa con
animo aperto, solidale, a volte vulnerabile, e con lucida determinazione. Il
suo sguardo, mai rassegnato o indifferente, coglie con delicatezza ogni barlume
e gesto di vera umanità, e trafigge con ironia i piccoli e grandi abusi di
potere, le meschinità e gli inganni di medici, infermieri e pazienti. Intanto,
fra un ricovero e l'altro, cerca in tutti i modi di recuperare un rapporto con
il padre da cui è stato abbandonato troppo presto, per ritrovarlo,
faticosamente e dolorosamente, appena prima del distacco definitivo. Ed è
proprio nella rinuncia a un impossibile risarcimento affettivo e nella capacità
di provare pietà e persino amore per lui che il percorso di guarigione conosce
una svolta, rendendo possibile la conciliazione delle forze discordanti che
hanno lacerato la psiche del protagonista di questo straordinario e toccante
racconto dall'inferno della follia.
Dimmi a che serve restare di Maria Pia Romano (Il Grillo editore)
Estate 2005: due amici,
uno neopatentato, l’altro in procinto di diventare maggiorenne, decidono di
trascorrere una giornata in spiaggia e poi di andare al concerto dei Negramaro
a Gallipoli. Adorano quella band e conoscono a memoria tutte le canzoni, ma per
uno scherzo del destino non arriveranno mai a quel concerto. Trascorrono gli anni:
l’assenza diventa presenza nel racconto di chi ha amato. Un uomo rivive
attraverso i sogni segreti di suo figlio, che si inventa un nome e degli amici
immaginari per sfuggire alla paura; attraverso il ricordo del padre, che nel
dialogo con il mare affonda le sue malinconie di genitore che vive il lutto più
atroce; attraverso i pensieri della donna che lo ha amato per dieci anni, in
punta di piedi, scegliendo di restare sullo sfondo. Maria Pia Romano ci fa dono
di una storia d’amore e di mare, il canto di un’assenza, un romanzo ambientato
nel Salento, che con i suoi colori e la sua musica diventa luogo dell’anima dei
personaggi, anime inquiete in cerca di risposte. Che la vita dà solo quando
smetti di chiedere.
sabato 3 ottobre 2015
Il libro dei secoli. Mille anni di storia e innovazioni di Ian Mortimer (Bollati Boringhieri)
La storia dell'umanità
è costellata di avvenimenti in continuo mutamento e di punti di svolta epocali:
i viaggi di Colombo, le novantacinque tesi di Lutero, l'invenzione della stampa,
la Rivoluzione francese o lo scoppio della bomba atomica non sono che pochi
esempi degli eventi che hanno marcato una discontinuità evidente rispetto al
passato. Ma se dovessimo dire quale fra questi, - o quale secolo negli ultimi
mille anni di storia -, sia stato più significativo degli altri, non avremmo
modo di dare una risposta univoca e chiara. Come si misura, e cosa significa in
definitiva il cambiamento nella storia? lan Mortimer si è dedicato alla
risoluzione di queste domande, intrecciando mille storie con arguzia,
competenza e grande smalto narrativo. Davvero Internet ci ha cambiato la vita
più della penicillina? Il Rinascimento è stato più importante dell'invenzione
dei bottoni? La peste nera ha causato più o meno vittime delle armi da fuoco? La
capacità di rendere viva e palpabile la storia è la caratteristica di
quest'opera, sia nel quadro immenso della "grande storia" - quella
dei grandi imperi e dei grandi re - sia nel microcosmo della tranquilla
"storia locale", dove le novità arrivano, magari in ritardo, ma
arrivano e modificano la quotidianità di ogni singolo individuo.
venerdì 2 ottobre 2015
Anche le sante hanno una madre di Allan Gurganus (Fandango)
Jean Mulray è una donna
di mezz’età, divorziata, intelligente, insoddisfatta. È madre di due piccoli
gemelli, ma soprattutto di una diciassettenne, Caitlin, che lei stessa ha
ribattezzato,e non senza irritazione, la “santa” e di cui ammira e allo stesso
tempo critica l’eccessiva disponibilità verso il mondo.La figlia è infatti
molto più devota ai poveri che a sua madre, cui ruba regolarmente scarpe e vestiti
per portarli ai senzatetto. Popolare, bella, sportiva e altruista, è l’idolo
della cittadina di Falls, nel North Carolina. Quando poi Caitlin comunica alla
madre di voler partire per l’Africa con un’associazione non profit per svolgere
attività di volontariato, Jean si oppone con tutte le sue forze, alimentando
sempre di più i conflitti con la figlia che le rimprovera di essere egoista e
“borghese”. Dopo la partenza di Caitlin, i contatti tra la madre e la figlia
sono saltuari e difficoltosi per via dello scarso funzionamento di un telefono
satellitare e soprattutto per l’insofferenza di Caitlin verso i rimproveri e le
“cattive premonizioni” della madre. Finché una notte, quando sembra disposta a
tacitare la tensione generata dal sapere la figlia in un altro continente, Jean
riceve una telefonata. E nulla sarà più come prima.
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