venerdì 25 settembre 2015

I Mercenari 3 - The Expendables: trailer italiano ufficiale

X Ambassadors - Renegades (Official Video)

Sono qui di Marc Raabe (Newton Compton)



Jesse Berg è un pediatra di successo. Da poco separato, vive a Berlino con Isa, sua figlia, l’unica persona che ama veramente. Jesse non parla del suo passato, che ritorna spesso in terribili e indecifrabili incubi notturni. Fino a quando, improvvisamente, l’ex moglie viene uccisa e sua figlia rapita. L’autore del delitto gli lascia un messaggio: «Tu non la meriti». Per Berg è chiaro che il bersaglio da colpire è lui. Perché non merita Isa? Per qualcosa che ha fatto prima di un terribile incidente la cui memoria emerge a sprazzi solo nei sogni, ma che sembra averlo cambiato? Tutto questo ha forse a che fare con il collegio in cui ha passato l’adolescenza, dove avvenivano cose che forse è meglio aver dimenticato? Un senso di colpa indefinito messo a lungo a tacere riemerge. Per trovare Isa, Jesse dovrà fare quello che non ha mai voluto: recuperare il suo passato. Tornare all’istituto di Adlershof. Lì dove ha imparato a combattere, e dove ha rischiato di morire. Perché per Isa farebbe qualsiasi cosa. Anche attraversare l’inferno per la seconda volta…

PLASTICA. STORIA DI DONATO CHIRICO OPERAIO PETROLCHIMICO DI ROSANGELA CHIRICO (KURUMUNY)























Nel leggere questo libro è importante partire dal titolo perché racconta molto. È una storia in cui le parole stanno sospese tra lirica e cronaca; è un saggio inchiesta, atipico nel suo genere perché c’è una dimensione privata e molto intima che l’autrice generosamente offre al lettore come una testimonianza, perché questa è una storia che “parte dal segno di un corpo e arriva all’anima”. È un percorso a ritroso nella vita lavorativa di Donato Chirico, padre dell’autrice e operaio petrolchimico e allo stesso tempo un’indagine sulla Montecatini, a partire da quando era un’azienda chimica italiana di notorietà mondiale. Plastica è, dunque, la storia di una famiglia operaia, in particolare di un padre e una figlia, della malattia che porterà alla morte lui, Donato, e della fatica e dell’amore di lei, Rosangela, che di quel padre si prenderà cura fino all’ultimo giorno con grande coraggio, senza mai indulgere alla disperazione: “in quei momenti di malattia esorcizzavamo la morte con la nostra voglia di vivere”. Donato è stato ucciso dal cancro epatico causato dall’esposizione prolungata al CVM, il Cloruro di Vinile Monomero, contratto al petrolchimico di Brindisi. Rosangela vuole la verità e vuole farla sapere per restituire tutta la dignità a un uomo che nella fabbrica era un elemento indispensabile, un jolly della filiera, come raccontano i suoi compagni di lavoro, e perciò spesso a contatto diretto con le sostanze altamente tossiche della trasformazione del petrolio. Rosangela si immerge nei ricordi per recuperare la memoria che sola può aiutarla a ricomporre la storia di suo padre e di tanti operai come lui, morti di lavoro, per il lavoro. E così inizia un viaggio a ritroso che porta il lettore fra i ricordi di una bambina che sulle spalle del papà guardava quell’enorme drago sputafuoco, le sue “fiammate arancioni con le punte gialle e rosse sbatacchiate dal vento” e immaginava una fabbrica di dolci, che poi si rivelerà in tutta la sua tragica realtà un enorme ecomostro, dove l’aria è una polvere di PVC, un labirinto dove cercare la verità oscenamente mistificata anche a costo di molte vite umane. Rosangela vuole la verità per restituire dignità a suo padre e a tutti gli operai sacrificati “sull’altare di fango”dell’industrializzazione del Mezzogiorno, con il falso miraggio del progresso economico e del lavoro sicuro. Rosangela chiede giustizia non solo per suo padre, ma per tutti morti da CVM, per tutti “coloro che non possono ambire a trovare un lavoro meno pericoloso che tuteli le loro umili vite”. Questo libro è un tenero omaggio alla memoria del padre, e allo stesso tempo una lucida e serrata requisitoria che fa a meno dei toni veementi perché ha dalla sua le ragioni della scienza e delle ricerche di oncologi e scienziati che vanno tutte nello stesso senso: il petrolchimico avvelena uomini e ambiente. “Il pane è condito con la morte”, così l’autrice chiude il suo racconto, con un’amara metafora di un mondo che del petrolio e della plastica non può fare a meno e per ogni operaio che muore altri sono pronti a entrare nelle fabbriche, perché in Italia il disastro ambientale avviene sotto il segno del ricatto occupazionale.

Solo il mimo canta al limitare del bosco di Walter Tevis (Minimum Fax)























Siamo nel 2467 e da diverse generazioni sono i robot a prendere ogni decisione, mentre un individualismo esasperato regola la vita dell’uomo: la famiglia è abolita, la coabitazione vietata e ognuno assume quotidianamente un mix di psicofarmaci e antidepressivi. I suicidi sono in aumento, non nascono più bambini e la popolazione mondiale sta avviandosi all’estinzione. Simbolo e guardiano dello status quo è Spofforth, androide di ultima generazione che agogna un suicidio che gli è però impedito gli dalla sua programmazione. A lui si contrapporranno Paul Bentley, un professore universitario che, riscoperta casualmente la lettura dimenticata da tempo, grazie ai libri apprende l’esistenza di un passato e la possibilità di un cambiamento, e Mary Lou, che sin da piccola ha rifiutato di assumere droghe pur di tenere gli occhi aperti sulla realtà. Tevis si muove dall’incrocio di queste tre vite creando una distopia postmoderna sulle inquietudini dell’uomo, dove la tecnologia senza controllo si trasforma da risorsa a pericolo. Prefazione di Goffredo Fofi. Con una nota di Jonathan Lethem.

Walter Tevis - L'uomo che cadde e si rialzò

È sorprendente pensare che Walter Tevis, creatore di personaggi che sono rimasti a buon diritto nell’immaginario collettivo non solo letterario ma anche visuale, sia stato un autore relativamente poco prolifico; lo è meno accorgersi che le sue storie di isolamento e fragilità, di redenzione mancata, sfuggita o raggiunta, anche quando sono ambientate in un «altrove» in apparenza alieno ma – come molti critici non hanno mancato di sottolineare – plausibile, risultano tuttavia tremendamente familiari. Pur essendo considerato tra i maestri della sci-fi moderna (ma non ha scritto solo sci-fi), Tevis ha sempre insistito per definire le sue opere non come science-fiction ma come fiction speculativa, che descrivendo mondi futuribili o paralleli sposta l’attenzione sul piano psicologico anziché su quello delle innovazioni tecniche. E proprio l’assenza di un armamentario tecnologico più o meno «fantascientifico» fa sì che romanzi come The Man Who Fell to Earth o Mockingbird (in particolare il primo) siano in grado di superare indenni il trascorrere del tempo, che oggi ci fa sembrare ridicoli molti testi che al loro primo apparire erano stati ritenuti sì capolavori, ma solo all’interno del loro «genere». Walter Stone Tevis nasce a San Francisco il 28 febbraio 1928. All’età di dieci anni una malattia reumatica al cuore lo costringe a rimanere in ospedale un anno intero; nel frattempo la sua famiglia si trasferisce nel Kentucky, lasciandolo a San Francisco. La degenza, le terapie e gli esami spesso dolorosi, il senso di abbandono trasformano l’ospedale in un’autentica camera delle torture; e una volta dimesso, non è meno difficoltoso integrarsi nella tranquilla provincia kentuckiana quando si proviene da una grande città. Inoltre Walter è timido, gracile, impacciato, buffo (deve portare un apparecchio per i denti) e ha trovato un precoce rifugio nei libri: tutto questo fa di lui il bersaglio naturale dei bulli della scuola, che non gli risparmiano beffe e pestaggi. Al liceo cambia scuola per ben tre volte, poi si arruola in marina in tempo per prestare servizio alla base di Okinawa, in Giappone, negli ultimi due anni della seconda guerra mondiale; una volta congedato riesce finalmente a diplomarsi e si iscrive all’università. Trova anche lavoro, in una sala da biliardo. Il gioco lo appassiona anche se non è in grado di praticarlo come si deve, a causa delle malattie infantili che gli hanno lasciato danni permanenti di coordinazione motoria; però grazie al suo migliore amico Toby Kavanaugh, giocatore professionista, riesce a imparare le tecniche e i trucchi dei grandi hustler. Una volta laureato comincia a insegnare alla scuola superiore, in un periodo che – malgrado Tevis sia il classico professore goffo e bizzarro che sembra fatto apposta per suscitare i lazzi degli studenti – ricorderà come tra i più sereni della sua vita. Conosce anche una ragazza, Jamie Griggs, anche lei insegnante e come lui a disagio in una cittadina dove si sentono le uniche persone non sposate nel raggio di chilometri. Walter e Jamie mettono su famiglia; nel frattempo lui esordisce come scrittore, con il racconto “The Ifth of Oofth” (1957). Diversi suoi racconti appaiono su riviste anche prestigiose, come Esquire, Collier’s Magazine, il Saturday Evening Post e Playboy. Nel 1959 viene pubblicato il suo primo romanzo, The Hustler, che è subito un successo; due anni dopo verrà portato sullo schermo dal regista Robert Rossen, con la sceneggiatura dello stesso Tevis e Paul Newman e Jackie Gleason nei panni dei protagonisti. Secondo alcuni The Hustler ha in qualche modo reinventato il mondo del biliardo professionistico, trasformandolo in una vera e propria industria. Molti appassionati pretesero di riconoscere nelle figure ritratte da Tevis questo o quel giocatore; uno di loro, Rudolph Wanderone, citò addirittura in giudizio la casa produttrice del film e ottenne un cospicuo risarcimento oltre al diritto di usare il soprannome “Minnesota Fats” (fino a quel momento era noto come “New York Fats”). Polemiche del genere amareggiarono a lungo Tevis, che insistette sempre di aver “inventato Minnesota Fats così come Walt Disney ha inventato Topolino”; pochi gli sono stati invece riconoscenti per aver creato nella sua opera, per così dire, una mitologia del biliardo che resiste ancora oggi. Nel 1963 è la volta di The Man Who Fell to Earth, che, pur senza essere da subito un successo commerciale come il precedente, riesce a ottenere col passare del tempo una considerazione di rado concessa ai romanzi di fantascienza. Alcuni hanno voluto vedere una metafora cristiana nella figura di un Salvatore venuto in pace, disconosciuto e torturato. Ma nel corpo di Thomas Jerome Newton si riproducono soprattutto le sofferenze del suo autore: l’abbandono, le “torture” mediche, l’incomprensione e, infine, l’alcolismo. Mentre termina The Man Who Fell to Earth Tevis sta diventando schiavo del bere come il suo personaggio. Lo rimarrà per diciassette anni, durante i quali non scriverà nulla di notevole, ad eccezione di pochi racconti e articoli. Dato che all’epoca aveva cominciato a insegnare a livello universitario, prima nel Kentucky e poi nell’Ohio, Walter Tevis ha motivato questa interruzione prolungata anche con l’incapacità di riuscire a scrivere e a insegnare nello stesso tempo; ma è anche vero che all’epoca le sue capacità letterarie gli sembravano inadeguate. Il poeta Donald Justice ricorda la propria sorpresa nell’incontrare Tevis a un seminario per scrittori, non come insegnante ma come studente. All’epoca Walter aveva già pubblicato due bestseller, uno dei quali aveva raggiunto Hollywood (l’altro ci sarebbe arrivato qualche anno dopo, grazie allo spirito visionario di Nicolas Roeg e al volto inquietante e malinconico di David Bowie); eppure non si considerava ancora un autore “serio”, si definiva “un bravo scrittore americano di secondo livello” e sedeva, pieno di umiltà, in mezzo a giovani aspiranti che possiamo immaginare perfettamente consci della loro grandezza intrinseca. Nel 1975, però, la svolta: Walter decide di smettere di bere ed entra in psicoterapia. Due anni dopo spinge ancora oltre la decisione di cambiare radicalmente la propria vita: si dimette dall’università e si trasferisce a New York, risoluto a dedicarsi soltanto alla scrittura. Nel 1980 dà alle stampe Mockingbird, che in un certo senso riprende là dove The Man Who Fell to Earth si interrompeva: una storia di dipendenza e disintossicazione, ambientata in un futuro governato da automi nel quale gli esseri umani non devono far altro che dimenticare (emozioni, insegnamenti, storie). I tre personaggi principali di Mockingbird incarnano tre diversi modi di reimpossessarsi del proprio destino: Mary Lou con il rifiuto della società, l’insegnante Bentley con una pratica proibita ma vivificante (la lettura), l’androide Spofforth, condannato all’immortalità, con la morte. Mockingbird è anche l’inizio del periodo più fruttuoso di Tevis come autore; è del 1981 la raccolta di racconti Far from Home, seguita due anni dopo dai romanzi The Steps of the Sun e soprattutto The Queen’s Gambit, la storia di un’orfana circondata da un mondo che la terrorizza, alcolizzata e drogata, che riesce infine a riscattarsi diventando la prima donna campionessa di scacchi. Questa prolificità dopo un lungo periodo di silenzio può sorprendere, ma in questi ultimi anni Tevis ha scoperto di avere un cancro ed è animato da un sentimento di urgenza che si traduce in un fiotto di parole. The Queen’s Gambit potrebbe essere per gli scacchi ciò che The Hustler è stato per il biliardo; le lodi della critica sono pressoché unanimi, e anche l’autore vi è affezionato, tanto che ha intenzione di scriverne un seguito. Nel 1984 esce intanto un seguito di The Hustler, The Color of Money, ritenuto da molti poco più che un espediente per battere cassa in vista dei momenti duri dovuti alla malattia. Ma appena quattro giorni dopo la pubblicazione del romanzo (che nasconde in una battuta rivolta al protagonista, “Fast” Eddie Felson, forse l’unico rimpianto dell’autore: “Te ne sei rimasto seduto sul tuo talento per vent’anni”), Walter Tevis se ne va per una crisi cardiaca, appena cinquantaseienne. (profilo bio-bibliografico a cura di Andreina Lombardi Bom)

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giovedì 24 settembre 2015

Jason Derulo - "Want To Want Me" (Official Video)

La scuola più bella del mondo - Trailer Ufficiale

I due Hotel Francfort di David Leavitt (Mondadori)



Dopo sei anni di silenzio, David Leavitt torna con un romanzo esplosivo e lirico: una storia sul potere della manipolazione, sui modi in cui le persone possono cambiare in circostanze eccezionali e non essere più le stesse. La fotografia di un continente alla vigilia del disastro.
Julia e Pete Winters sono americani molto per bene e a Parigi hanno cercato una fuga dalla loro ordinaria vita matrimoniale, Edward e Iris Freleng sono eleganti, ricchi con noncuranza, due bohémien che hanno girato la costa francese sperando fino all'ultimo di non doverla lasciare. Invece il giugno del 1940 li sorprende tutti e quattro bloccati nell'atmosfera precaria, al tempo stesso seducente e trasandata, del neutrale porto di Lisbona. Dai confini di molte nazioni ormai risuonano i colpi di mortaio, ma loro aspettano senza troppa ansia l'arrivo della nave SS Manhattan che li porterà in salvo a New York, non del tutto convinti di voler rimpatriare. Si conoscono al Café Suiça ed è subito evidente una tensione tra loro: entrambe le coppie nascondono un segreto che senza essere esibito le lega insieme fin dal primo istante, entrambe le coppie sono tormentate dalle convenzioni sociali e sessuali dell'epoca. Come l'Europa fatica a tenere in vita gli ultimi equilibri e affonda inesorabilmente nella guerra, così anche la stabilità dei Winters e dei Freleng comincia a cedere...

Un amore diabolico di Ann Aguirre (Newton Compton)


La vendetta, si sa, è un piatto che va gustato freddo. E la giovane Edie Kramer ha già sofferto abbastanza nella sua breve vita a causa di tutto quello che ha dovuto affrontare alla Blackbriar Academy: se prima meditava di prendersi una rivincita sui bulli che la tormentano a scuola, ormai è giunta addirittura al punto di volersi togliere la vita. Ma quando anche l’ultima speranza sembra perduta e Edie sta per saltare nel vuoto da un ponte di Boston, a salvarla arriva l’affascinante Kian, che le propone in cambio uno strano patto: esaudirà tre suoi desideri, ma lei in futuro dovrà rendergli il favore, facendo tre cose per la misteriosa società per cui lui lavora… Edie otterrà bellezza e successo, riscattandosi agli occhi di tutta la gente che l’ha maltrattata in passato, però dovrà pagare un prezzo davvero molto alto per la sua scelta: Kian infatti è un immortale al soldo di un gruppo di demoni. Eppure Edie non riesce a resistere al suo fascino enigmatico. E ora non sa più di chi può davvero fidarsi, in un mondo popolato di creature diaboliche.

Interviste sul Tarantismo di Sergio Torsello (KURUMUNY)





















Dagli anni Novanta del secolo scorso, il tarantismo è al centro di un rinnovato interesse antropologico, sociologico, culturale: si assiste a una sorprendente fioritura degli studi, a un’imponente produzione saggistica e narrativa, che spazia dall’indagine dell’eredità demartiniana all’elaborazione delle più diverse ipotesi classificatorie (rituale di possessione, fenomeno magico-religioso, pratica di esorcismo-adorcismo); dalla creazione del topos letterario che celebra il luogo incorrotto e segnato dalla sopravvivenza di riti ancestrali, al processo di patrimonializzazione del tarantismo, che coinvolge numerosi attori sociali, portatori di istanze differenti, e converge sul dibattito intorno alle eredità culturali. Il Salento torna così a essere un osservatorio privilegiato per l’antropologia italiana, un campo etnografico mutevole e complesso in cui si affermano pratiche reinventive e di ‘riuso’ dei materiali del tarantismo, nel segno dell’etnicità: il folk revival e il recupero della pizzica con una decisa rivendicazione identitaria; un fenomeno di riconversione simbolica, oggetto di accesa dialettica, per cui il tarantismo è passato, citando Marino Niola, «da stigma a bene immateriale ad attrattore turistico e volano di marketing territoriale». Queste interviste, raccolte lungo l’arco di un quindicennio, rispondono a una duplice esigenza. Da un lato, l’amore del documento e il rigore metodologico guidano l’autore nel tentativo di tracciare con ordine e sistematicità una storia degli studi lunga diversi secoli e ricca d’innumerevoli contributi, col supporto di un paziente, puntiglioso lavoro di ricerca e compilazione bibliografica. Gli interlocutori – nomi prestigiosi della tradizione etnoantropologica italiana, letterati, studiosi di cultura locale e figure di rilievo del mondo popolare salentino – sono chiamati a verificare e approfondire, scandagliare gli aspetti sfuggenti o poco indagati di un fenomeno che è stato definito, con felice espressione, un «rompicapo ermeneutico». Oltre che strumento d’indagine conoscitiva, l’intervista è però, per Sergio Torsello, occasione di stabilire quella che de Martino chiamava una relazione «di confronto»: colpisce lo sforzo di condividere interpretazioni e identità culturali, in una prospettiva dialogica e corale in grado di gettare un ponte fra generazioni e scuole, favorire un fertile confronto fra l’accademia e la cultura locale. Ne emerge, per usare un’immagine cara all’autore, «una tela infinita che continuamente si disfa e si ricompone, nella quale convivono osservatori e osservati, sguardi e punti di vista differenti», così da tessere insieme i mille fili che legano l’immaginario di un territorio. «Mi piace pensare» scrive nella prefazione al testo Gabriele Mina «che Sergio, in modo ironico, sentisse l’eredità di quegli etnografi che battevano il territorio, paese per paese, interrogando chicchessia, accumulando dati e scrivendo missive alle accademie. Ora, per una volta, siamo noi a fare un passo indietro e a mettere in luce lui, leggendo qui le sue domande puntuali sull’identità dei luoghi e sulla reinvenzione della memoria, riconoscendo fra le sue note dettagliate la vocazione dell’antropologo militante».

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mercoledì 23 settembre 2015

Lost Frequencies - Are You With Me (Official Music Video)

LA CITTA’ VERTICALE DI OSVALDO PILIEGO (LUPO EDITORE)



È la storia di un condominio e dei suoi abitanti, il racconto di una città, Lecce, vista dalla periferia. Su tutto regna lo sguardo ipnotico della televisione e di Maria De Filippi. Nascosti da qualche parte “Gli Altri” decidono chi vive e chi muore. Luigi è l’eroe e la vittima, Lucia la vergine tossica, Dario l’alcolista fallito. Sullo sfondo una galleria di personaggi e storie senza speranza e senza futuro. La penna di Osvaldo Piliego traccia un affresco impietoso della società contemporanea, non fa sconti a chi ormai è fatto per vivere come bruti, cioè tutti noi. È inevitabile, leggendo questo libro, visionario e feroce identificarsi almeno in uno di questi personaggi estremamente lirici nel loro dramma fatto di nulla. L'unica possibilità di riscatto è il peccato, la morte nel migliore dei casi. E se esiste l’amore bisogna ammazzarlo, passarci sopra, sopravvivere. Prendete la narrativa americana più pulp e sciacquatela nel canale di Otranto, quello che resta è comunque ancora molto sporco.

Osvaldo Piliego ha trentadue anni, vive a Lecce. È laureato in lettere. Ha scritto per diverse riviste locali e nazionali. È giornalista pubblicista. Attualmente è direttore di Coolclub.it e collabora con il Quotidiano di Lecce e Rockerilla. Ha organizzato centinaia di concerti e suona male la batteria da 15 anni.