Bebe, appena diciottenne, come tutti i ragazzi
della sua età ama divertirsi: andare al centro commerciale o ai concerti con le
amiche, mettersi in tiro per uscire la sera... Non ci sarebbe nulla di strano
se non stessimo parlando di Beatrice Vio che a undici anni, dopo essere stata
colpita da una forma di meningite acuta, ha subito amputazioni a gambe e
braccia. Ma per Bebe la malattia non è la fine, anzi rappresenta soltanto una
piccola parentesi tra quello che era prima - una bambina con una famiglia
fantastica, moltissimi amici e le "tre S" (scuola, scout, scherma) -
e quello che è diventata, ovvero un'adolescente felice, con ancora più amici di
prima e sempre le "tre S", ma un po' cambiate: oggi frequenta le
superiori, ha ormai ricevuto il suo nome-caccia scout (Fenice Radiosa) e ha già
vinto diverse medaglie in competizioni paralimpiche di scherma, anche
internazionali, di altissimo livello. Eccezionale atleta e insieme ragazza
scoppiettante di vita, Bebe si racconta in queste pagine che traboccano di
entusiasmo: dalle gare in giro per il mondo alle vacanza all'Elba, dalle
figuracce in tv alle gioie delle protesi con tacco, dai faccia a faccia con i
suoi miti agli incontri motivazionali che tiene nelle piazze e nelle scuole. E
dei suoi sogni. Perché dopo avere fondato con i genitori art4sport
(un'associazione onlus che avvicina i ragazzi con disabilità fisiche allo
sport), avere fatto la tedofora a Londra 2012 e avere gareggiato con le atlete
più forti al mondo...
lunedì 21 settembre 2015
I Catari di Paolo Lopane (Besa editrice)
Alla metà del XII
secolo, una Chiesa dilaniata dallo scisma d’Oriente vide profilarsi una nuova e
minacciosa insidia alla propria coesione interna: il Catarismo, la grande
eresia venuta dall’Est. Eredi di una prospettiva gnostica ferocemente avversata
già dai primi imperatori cristiani, i Catari, combattuti “con il ferro e con il
fuoco”, professavano dottrine eterodosse che minavano alle fondamenta il potere
di Roma. “Bugri”, furono definiti con disprezzo nelle Gallie; “Bulgari”, per le
loro tenaci radici balcaniche. Ma la parola “Catari” significava “puri”, e non
vi sarebbe stata, forse, denominazione più adatta a caratterizzare un movimento
spirituale che dell’assoluto rigore morale aveva fatto la propria bandiera. Il
presente saggio ricompone in un grande, suggestivo affresco, luci e ombre
dell’appassionante epopea di questo movimento.
Paolo Lopane è nato a
Bari, dove insegna. Membro della Società di Storia Patria per la Puglia e
dell’Associazione del Centro Studi Normanno-Svevi dell’Università di Bari, ha
pubblicato nel 2000 un documentato saggio sul catarismo occitano – Il risveglio
della gnosi nella Francia albigese (Besa Editrice) – cui ha fatto seguito nel
2004 un saggio sull’Ordine dei Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone,
dal titolo I Templari. Storia e leggenda (Besa Editrice). Nello stesso anno ha
contribuito con uno studio sugli insediamenti cavallereschi nel Meridione
d’Italia (“La presenza templare nella Valle dell’Ofanto”) alla stesura del
volume Ofanto, a cura di A. Ruggiero. Nel 2012 ha poi curato un saggio
miscellaneo sul poeta armeno Hrand Nazariantz – Hrand Nazariantz, Fedele
d’Amore – vincitore della XXIX edizione (2013, sez. XIV) del Premio
Internazionale di Poesia e Letteratura “Nuove Lettere”, indetto dall’Istituto
Italiano di Cultura di Napoli e dalla rivista letteraria internazionale “Nuove
Lettere”. Collabora con riviste specializzate.
domenica 20 settembre 2015
Solo bagaglio a mano di Gabriele Romagnoli (Feltrinelli)
Non
ingombrare, non essere ingombranti: è l'unica prospettiva che si possa contare
fra quelle positive, efficaci, forse anche moralmente e politicamente buone.
Gabriele Romagnoli ha avuto modo di pensarci in Corea, mentre era virtualmente
morto, chiuso in una cassa di legno, per un bizzarro rito-esperimento. Nel
silenzio claustrofobico di quella bara, con addosso solo una vestaglia senza
tasche (perché, come si dice a Napoli, "l'ultimo vestito è senza
tasche"), arrivano le storie, le riflessioni, i pensieri ossessivi che
hanno a che fare con la moderazione. Il bagaglio a mano, per esempio. Un
bagaglio che chiede l'indispensabile, e dunque, chiedendo di scegliere, mette
in moto una critica del possibile. Un bagaglio che impone di selezionare un
vestito multiuso, un accessorio funzionale, persino un colore non invadente. Il
bagaglio del grande viaggiatore diventa metafora di un modello di esistenza che
vede nel "perdere" una forma di ricchezza, che sollecita
l'affrancamento dai bisogni, che non teme la privazione del "senza".
Anche di fronte alle più torve minacce del mondo, la leggerezza di sapersi
slegato dalla dipendenza tutta occidentale della "pesantezza" del
corpo, e da ciò che a essa si accompagna, diventa un'ipotesi di salvezza.
Viaggiare leggeri. Essere leggeri. Vivere leggeri. Gabriele Romagnoli centra
uno dei temi decisivi della società contemporanea e della sopravvivenza globale
e scrive una delle sue opere più saporite, il racconto di una rinascita, di un
risveglio.
sabato 19 settembre 2015
venerdì 18 settembre 2015
Maltempo di Mariolina Venezia (Einaudi). Intervento di Nunzio Festa
Saremo felicissimi, se
avremo azzeccato una cosa: il prefetto 'Vitali' di "Maltempo", ultimo
appassionante romanzo di Mariolina Venezia, porta questo nome in omaggio al
narratore dal nome di battesimo 'Andrea'; perché trovo, e lo sottolineo senza
retorica o falso pudore, che l'ultima opera di Venezia debba molto allo
scrittore di quel ramo del lago di Bellano. Certo, l'ambientazione è ovviamente
diversa. Come differente è l'approccio ai luoghi, perché Mariolina Venezia
sceglie nuovamente di passare attraverso i luoghi della sua Lucania ma
destinando a loro una riflessione su quel che socialmente, oltre che
culturalmente (quindi sociologicamente, usando invece il metro proprio d'Andrea
Vitali) dimostrano d'esser diventati. Per questa ragione la nostra cara pm Imma
Tataranni oltre che impattare col le sue stesse frenesie del cuore deve
aggiornare la lettura del mondo a dimaniche politicheggianti sia quando
coccolate da politici e affaristi, sia nella versione immaginata, sognata,
cercata di ragazze davvero tutte uguali e in corso per arrivare nelle
trasmissioni televisive o, indiferentemente, al caldo approdo delle serate da
bunga bunga. Piove, nonostante la primavera s'affaccia a Matera. E il tempo è
senza dubbio incerto nella vita della giovanissima Miulli: siucida oppure
uccisa? Nella provincia materana la pm deve poi rifare i conti con le
supertizioni che provano a rimettere in pista un malocchio in realtà debellato
dal consumismo fresco d'annata. E Tataranni deve capire un po' meglio come,
quando e quanto gli interessi che regolano l'estrazioni del petrolio della
Basilicata, la rapina di questo bene alle sue comunità, saltano dal cappelliano
ristorante "Il Capretto" alle tavole di festini zeppi di nomenclatura
regionale e nazionale. Forse i fantasmi veri non saranno della fascinosa Craco
- margine sconfitto dall'idraulica e riconsiderato dal turismo in genere -,
però fanno capolino prima nell'ufficio della pm Imma, poi nei suoi sogni e,
ancora, sicuramente in ultimo, nelle strategie inventate al fine di farla
davvero fessa. Epperò Imma Tataranni, grazie a buone dosi d'attenzione, fregare
difficilmente si farà. Un nuovo giallo che, dove non conoscessimo i posti, ce
li farebbe cercare. Un altro romanzo che parla della modernità. Descrivendola.
Perché non è necessario sempre mitizzarla/demonizzarla, la modernità. E
nemmanco è utile inneggiare al modernismo. Ché le donne in nero ci sono ancora,
nella Lucania dei margini e della fotografia da cartolina. Insieme alla
trivelle che possono spostare in avanti e indietro la natura. A loro
piacimento.
Uno, nessuno e centomila di Luigi Pirandello. A cura di Sergio Campailla (Newton Compton)
«Avevo ventotto anni e
sempre fin allora ritenuto il mio naso, se non proprio bello, almeno molto
decente». Ha inizio così l’odissea di Vitangelo Moscarda, quando un commento
distratto della moglie lo inchioda a una tremenda verità: gli altri ci vedono
in modo diverso da come ci vediamo noi stessi. Tra gli esiti più nuovi della
letteratura del Novecento, l’ultimo romanzo di Pirandello è la storia di un
“naufragio dell’esistenza”: in seguito al cortocircuito iniziale, il
protagonista arriva ad accettare l’incompletezza di sé attraverso la via della
rinuncia e della solitudine, fino all’abbandono definitivo di ogni coesione
interna, fino alla follia. Come ebbe a dire l’autore stesso, dei suoi romanzi
Uno, nessuno e centomila è il «più amaro di tutti, profondamente umoristico, di
scomposizione della vita».
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